NUOVE INCISIONI, DVD



CD
Sieben Lieder - für Gesang und Klavier nach Gedichten von Paul Celan
Musiche di Mirco De Stefani
interpreti: Laura Catrani, Aldo Orvieto
Numero di catalogo discografico STR 37249, Stradivarius, Cologno Monzese 2022

Prezzo: € 14,38
Shop

Descrizione: Sieben Lieder für Gesang und Klavier, un incontro possibile tra parola e suono

I Sieben Lieder, composti nel 2014, sono nati dalla riflessione attorno alla poetica di Paul Celan, autore che nella mia esperienza è stato potente catalizzatore di idee musicali. Se nelle precedenti composizioni – Adagio a Celan per organo (1998), Celan per violino (1999), XII Preludi per violoncello (2000) – la poesia agiva da ipogramma sotteso al discorso musicale e ad esso immanente, nei Lieder abbiamo la diretta intonazione dei versi che per mezzo del canto entrano in sincronia, o meglio, in diacronia, con i tempi della musica. Poiché la presenza poetica è una forza latente nell'inconscio, una voce inavvertita sempre pronta a rivelarsi, è necessaria alla musica un'azione maieutica diretta che agisca al momento opportuno, senza altra forma di necessità esteriore. L'idea di comporre il ciclo dei Sieben Lieder è venuta alla lettura del libro di Laura Darsié Il grido e il silenzio (Mimesis Edizioni, 2013), dedicato all’incontro irrisolto tra Celan e Heidegger. L’incompatibilità irriducibile tra il pensiero del filosofo tedesco autore di Sein und Zeit e la disperata sensibilità celaniana, diventa sfida sulla possibilità di colloquio tra poesia e musica: evento sempre a rischio di reciproche prevaricazioni e inadeguatezze, dove l'incontro-scontro rischia di risolversi nell'annullamento o nello sviamento inconcludente. L'andamento del volume di Laura Darsié prende per mano la scrittura musicale e ne guida i passi suggerendo i punti di sosta e le radure luminose su cui concentrare l'attenzione. L'individuazione delle sette poesie segue infatti lo sviluppo dello scritto e sembra quasi rischiararne le tappe salienti come l’antica Menorah, il candelabro a sette bracci prescritto da Mosè per illuminare il Tempio, divenuto nell’opera di Celan scia di luminosi ritmi di parole-materia, poesia orante che attraversa nell’ombra la notte dell’essere. Ecco allora che riflessione filosofica ed estetica, parola poetica e scrittura musicale convergono nei Sieben Lieder come tre distinti fuochi a indicare un percorso di avvicinamento che dalla terra ghiacciata (Eis Eden), lungo tenui filamenti di sole risplendenti sul deserto (Fadensonnen), porta l'intimità della parola poetica (Sprich auch du) all'abbandono amoroso (Zu beiden Handen, In Ägypten), fino a giungere, trascorsa la notte dell'oblio (Assisi), alla parola-fiore (Blume) che ancora rimanda a un Aperto, che null'altro è se non l'Eden primigenio da sempre perduto e cercato. Ecco allora che la ritrovata circolarità di suoni e parole dà forma a un itinerarium mentis che solo in se stesso e nelle ripercussioni sulla personale storia del singolo individuo, lettore, interprete, ascoltatore, trova un senso di giustificata presenza. È dunque sul terreno della parola-suono che si consuma l’incontro della musica con la poesia celaniana. La parola di Celan – quel torbido e ad un tempo trasparente aggrumarsi e spezzarsi di suoni in perpetua torsione, in stralunato embricarsi nella disperata ricerca di sinapsi che connettano infiniti frattali di significati – la parola-oggetto di Celan è fatta propria dalla mente musicale, dallo sguardo che tutto trasforma e riconnette e trasferisce in altre mani le mani protese del poeta, in altri suoni i suoni della lingua dove si è rivelato il pensiero dello scrittore. Ma ciò non basta. La parola poetica divenuta canto, la voce parlante trasformata in arcate di melismi deve confrontarsi anche con il suono prodotto non da una bocca intonante, ma dalle mani del pianista sulla tastiera. La corporeità della poesia è fatta carne, voce, diaframma in tensione e rilassamento, ma anche canto e preghiera di mani sapienti che si cercano, si uniscono, si scavalcano e si rincorrono, che attraversano quel terreno ondulato dove ogni sussulto, ogni sobbalzo, ogni forma di energia diviene suono. Il centro errante (wandernde leere) della voce ruota e si insinua tra una mano destra e una mano sinistra che lo avvolgono, lo trasportano nello spazio, lo sostengono, lo stringono, lo gettano a giacere tra le braccia femminili di Ruth e Mirjam e Noëmi, lo proiettano negli spazi siderali o lo sprofondano nei più cupi abissi. Solo questo insieme di materia dà il senso ai Sieben Lieder: materia vocale e musicale, grafemi e fonemi che dalla pagina bianca della poesia si riportano sul foglio della partitura, dove i tre pentagrammi, quello superiore del soprano e i due sottesi e avvolgenti del pianoforte, intrecciano i filamenti di luce che altro non sono se non accordi, arpeggi, melismi: la materia originaria della musica che si organizza in ritmi, colori, dinamiche, fluttuanti atmosfere. Le sillabe di ogni parola, le unità minime del suono articolato, diventano gli elementi primi, le cellule viventi della metamorfosi e della rigenerazione della parola stessa in tessuto musicale. Il flatus vocis della poesia celaniana, strappata, frammentata, fatta detrito e deiezione, scomposta e ricomposta, diviene musica della carne, energia viva e inquieta che letteralmente esplode, dilaga, penetra la coscienza, seziona come bisturi e sutura come filo chirurgico le carni lacerate. Nessuna anestesia può lenire il dolore della parola ferita, franta e moltiplicata nei rizomi e nelle arborescenze delle melodie musicali, precipitata e condensata nei glomi degli accordi che le mani del pianista imprimono nella tastiera. Queste mani impastano, filano, annodano e dispiegano i suoni germinanti della partitura. La voce attraversa questo magma sonoro, lo illumina, lo rispecchia e in esso riflette le proprie forme: due entità divise e complementari – il canto e lo strumento – percorrono nella reciproca indipendenza e autonomia i significati della poesia, intrecciando tra loro e con questa un dialogo fatto di sensazioni, di sottili equilibri, di spinte furiose e furibonde che mantengono in equilibrio il vettore impazzito dell’espressione. L’avanzare errabondo e barcollante di parole, suoni e canto, tra geli e ustioni, tenebre e lampi, suggerisce il senso dei Lieder, il fine del loro susseguirsi, sovrapporsi e sostituirsi a vicenda, il loro fuggevole trapassare lungo la coscienza dell’ascolto, nel tempo dell’esistenza del poeta e del musicista. L’orizzonte lunare e piatto della torba ghiacciata, del deserto grigio-nero, della terra pietrosa, incrocia la verticalità dell’albero, il verde delle foglie, la luce delle stelle, l’apparire del sole, il fiore dell’estate. Ascoltiamo, tappa dopo tappa, questo lento incedere, proponendo una lettura delle poesie di Celan divenute musica. Con la consapevolezza di una verità di fondo: il poeta può parlare della poesia utilizzando lo stesso materiale di cui i versi sono costituiti. Parole per descrivere altre parole, ragionamenti verbali per avvicinare il lettore alla comprensione di un testo poetico, per scrutarne profondità e trasparenze. I medesimi strumenti verbali, le parole appunto, sono utilizzati per questo scopo. Il musicista, al contrario, osserva quei testi unicamente con la sua arte, li ricrea e con essi genera la propria arte dei suoni: egli parla della poesia con l’alfabeto e il vocabolario della musica, la sua esegesi è nuova creazione. Il passaggio successivo – definire con parole in che modo la musica ha rivisitato la poesia – può sembrare impossibile o al limite della ragionevolezza. Il baratro tra poesia e musica non può essere superato con nessun ragionamento estetico o filosofico: esso va intensamente vissuto, percepito, introiettato, trattenuto nella memoria come un ultimo abbraccio o una fraterna definitiva stretta di mano prima che l’ora si richiuda (eh sich die Stunde schließt). Canti, pensieri, vita, morte, parole, capelli, cuori; e ancora, e instancabilmente, le umane presenze di occhi e mani imperscrutabili che ci osservano e ci raggiungono da queste pagine. E con esse, nella notte di una Terra Perduta (Land Verloren), giunge un nuovo canto di parole: una voce invocante dal silenzio, una melodia di fanciullo tra le armonie del deserto, tra le urne di terra e la pietra inseguita nell’aria, al vibrare ossessivo di enigmatici martelli che colpiscono l’Aperto, come sulle corde i rapidi parossistici accordi ribattuti del pianoforte con i quali si conclude perdendosi, sospesa nel nulla, l’ultima composizione. Mirco De Stefani

Elenco brani
1. EIS, EDEN durata 03’51’’
2. FADENSONNEN durata 04’50’’
3. SPRICH AUCH DU durata 07’03’’
4. ZU BEIDEN HÄNDEN durata 04'34’’
5. IN ÄGYPTEN durata 06’21’’
6. ASSISI durata 04’39’’
7. BLUME durata 04’29’’


Durata: 35'49''
Dati editore
INDIRIZZO: via Sormani 18 - 20093 - Cologno Monzese - MI - Italia
TELEFONO: +39 02 25396575
FAX: 178 27 00 176


Condividi su: