NUOVE INCISIONI, DVD



Idioma - Testi poetici di Andrea Zanzotto
di Mirco De Stefani
CRR9603 1996

Descrizione: Il punto d’incontro fra poesia e musica si pone sempre in luoghi differenti, ritrovati ogni volta da capo in una tradizione ricca di capolavori che dovrebbero farla da modelli; eppure i modelli non funzionano, quell’addentellato è sempre da riscoprire; e tanto più quando la poesia, se è vera poesia, abbia già in sé la musica di cui ha bisogno, e il compositore, consapevole di cosa ha di fronte, debba rallentarla, accelerarla, scomporla per adattarla al suo tempo: in realtà deve prenderla in mano come la sua sostanza interiore, ed è per questo che non si danno, fuori che in prodotti di scuola, regole e precetti, ed è per questo che tutte le possibilità sono aperte. Mirco De Stefani, nel “tempo” di Andrea Zanzotto dà l’impressione di esserci sempre vissuto, attingendo a una unità di sentire e di modi che sta anche prima del lavoro compositivo; del resto, dopo Studi e Sequenze per organo del 1983, tutto il suo esordio compositivo è sotto il segno della poesia di Zanzotto: nel 1984 Due liriche per soprano e pianoforte, La vita silenziosa per tenore, flauto, oboe e due pianoforti, e (1985) Vanificazioni per quartetto vocale femminile, flauto, chitarra e viola; ed è singolare l’ampliamento, dopo il canonico duo di voce e pianoforte, a combinazioni sonore più agili e individuate in vista di aggiustamenti sempre più esatti. Esperienze che confluiscono nella sua prova più raffinata e complessa, dedicata all’esplorazione della trilogia di Zanzotto formata da Il Galateo in Bosco, Fosfeni e Idioma, musicata da De Stefani in tre cicli fra il 1987 e il 1993 e conclusa appunto con Idioma che qui si presenta. Ma “musicata” è termine inadeguato: non si tratta, come già si può intuire, d’intonare un testo basandosi su accenti, durate, parallelismi prosodici, sottolineature imitative, ma di una ricerca su un piano più profondo, nei moti molecolari minimi; e l’autore coglie con molta lucidità la situazione quando parla di un “turbolento proliferare di rifrazioni/diffrazioni fra testo poetico polisemico e ordito musicale”. Alla estrema varietà, agli sbalzi, echi, riflessioni parentetiche della poesia (giusto diceva Pasolini: con Zanzotto “non si sa mai in che campo semantico ci si trovi”), De Stefani viene incontro con la varietà linguistica e la flessibilità delle intonazioni: la voce recitante, che procede “sobbalzando” (termine squisitamente zanzottiano) per biforcazioni e diramazioni”, la polifonia di un quartetto vocale femminile e l’ipersensibile gruppo strumentale: con il suo ritmo di pieni e vuoti, e una percussione quanto mai screziata (anche qui si pensa alla definizione data da Montale, di Zanzotto “poeta percussivo ma non rumoroso”). La voce recitante, che coincide con il dettato poetico, ha funzione centrale e oggettivante, mentre il quartetto vocale sembra esserne il ripensamento, e proprio nei brani più “lirici”, “Pericolose – un giorno – bellezze” e “Il cielo è limpido sino ad…”, il recitante tace; l’orchestra, il mezzo espressivo più indipendente, si predispone con le sue possibilità polifoniche alle compresenze e sovrapposizioni della scrittura poetica. Idioma si articola in tre sezioni musicali: la prima, che comprende GLI ARTICOLI DI G.M.O., IN UN XXX° ANNIVERSARIO e “Pericolose – un giorno – bellezze”, si apre con una pagina di scrittura fitta e capillare, quasi evocando il lampeggiare dei ritagli giornalistici; quindi si capovolge nel lirismo “freddo” del secondo episodio, con impennate di squisito lirismo, dal quale si sviluppa il terzo brano, di polifonia madrigalistica, già definita nella sua qualità stellare dalla nota introduttiva del vibrafono. Una sequenza del pianoforte, che passeggia argutamente nel registro acuto, conduce direttamente alla seconda sezione composta di due brani in realtà formanti una stretta unità musicale: il primo (ANDAR A CUCIRE) è una vivissima stilizzazione della “contrada”, dove il dato realistico si alleggerisce in fiabesca lievità: la poesia in veneto, il motto “Zauberkraft”, il cantare omoritmico come in una nenia popolaresca, le sottolineature umoristiche della tromba con sordina, del trombone in glissé, sono elementi di una succosa vitalità paesana, tuttavia amalgamati come memorie in un unico tessuto. Un senso di silenzio presiede all’esordio del secondo brano (Onde éli) che sembra un ripensamento lirico (con uscite solistiche delle voci) del quadro precedente: il tessuto continuo del pianoforte, come al principio della sezione, ne assicura anche l’unità formale. L’ultima sezione (ALTO, ALTRO LINGUAGGIO, FUORI IDIOMA?, “Il cielo è limpido sino ad…”, “Docile, riluttante”), inaugurata da un vitalistico fremere della percussione, riporta la scrittura addensata e guizzante dell’inizio del ciclo; arditi interventi/solistici del pianoforte, del violino e via via di altri strumenti, danno vita a un turgore concertante che poco alla volta, anche per la serrata alternanza fra voce recitante e coro femminile, ha un risultato drammatico; da cui subito si allontana, come nuova oasi d’intima riflessione, il brevissimo “Il cielo è limpido sino ad…”, accentrato attorno alle entrate scaglionate delle voci: soprano solo, già dolcemente intrecciato con un flauto, duetto, terzetto, in un crescendo di confidente intensità. Riprende lena il vitalismo ritmico e lo spirito concertante dell’ultimo brano, “Docile, riluttante”, che in una vigorosa sintesi riepiloga tutti gli elementi linguistici messi in opera; fino alla conclusione (“silenzio troppo poco umano”), dove con finissimo senso ritmico la musica si calma, si sospende e poi quasi si disfa: una rarefazione in cui poesia e musica tornano a collimare in un prolungamento di memorie. Giorgio Pestelli

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