RASSEGNA STAMPA MUSICALE



LA MUSICA COLTA (O CLASSICA) CONTEMPORANEA Perché è così poco seguita? Alcune riflessioni
Cerchiamo per prima cosa di capire cosa si debba intendere per musica colta (o classica) contemporanea. Anche sulla definizione di questo ambito non c’è completo accordo. Comunque ci si dovrebbe riferire alla musica composta nel mondo occidentale (in particolare in Europa) dal primo novecento ad oggi (secondo alcuni storici della musica, sarebbe meglio partire dalla fine della seconda guerra mondiale).
Questa musica comprenderebbe pertanto la dodecafonia, il neoclassicismo, l’impressionismo e l’espressionismo musicali, la musica elettronica e sperimentale, ecc. Si potrebbero anche comprendere alcune forme di “contaminazione” tra musica colta e musica popolare, folklorica e/o jazz, ecc.
Un punto sul quale non si può non concordare è lo scarso interesse che gli appassionati di musica riservano alle composizioni, agli autori e agli esecutori della musica colta contemporanea, tranne rare eccezioni. Va detto peraltro che l’interesse o la passione per la musica classica tout court (musica medioevale, barocca, romantica, ecc.) sono sempre molto elevati, sia se ci si riferisce a persone adulte o anziane, sia se consideriamo le giovani generazioni.
Oggi sembra che la musica colta contemporanea non esista, nessuno o molto pochi ricordano i nomi di due o tre autori appartenenti a questo ambito musicale. Eppure la musica colta (o più correntemente classica) comprende oltre dieci secoli di storia: la musica sacra, la musica prerinascimentale, la musica rinascimentale, quella barocca, particolarmente amata e seguita, la musica romantica, arrivando così al novecento, il così detto secolo breve.
A questo punto, al fine di capire meglio la musica colta contemporanea ed i motivi delle sue difficoltà ad essere accettata e seguita, appare utile e proficuo segnalare ed approfondire vari e differenti aspetti, peculiarità e valutazioni relativi a questa area musicale ed ai suoi rapporti con le persone, la mente, il resto della musica, ecc.:
1) I rapporti tra la musica colta contemporanea e le altre forme d’arte (in particolare le arti figurative).
Le arti figurative contemporanee (in particolare la pittura e la scultura), nonostante spesso siano vissute (e spesso lo sono davvero) come “strane”, incomprensibili, se non come pura e semplice provocazione, riscuotono un notevole successo presso il grande pubblico. Questo dato si registra in particolare negli Stati Uniti, ma anche in Europa e in Italia. Inoltre molte opere raggiungono quotazioni davvero molto elevate, vengono acquistate e vendute a prezzi decisamente alti (si cita spesso che un quadro di Jackson Pollock, il n°5, 1948, è stato venduto per 140 milioni di dollari); le mostre di arte contemporanea sono molto seguite (forse un po’ meno in Italia), e i critici si diffondono in valutazioni e commenti molto articolati nei riguardi di questo o quell’artista.
Anche la letteratura e la poesia (un po’ meno) sono seguite da un largo pubblico. Si scrive e si vende molto, specialmente a livello di narrativa, ma non solo.
La musica colta contemporanea ha invece pochi appassionati, e spesso la presenza di autori contemporanei, inseriti nel programma di un concerto di musica classica “del passato”, scoraggia il pubblico riducendone a volte la partecipazione.
Una spiegazione convincente riguardo ad atteggiamenti e comportamenti così diversi nei confronti delle arti specialmente figurative contemporanee e della musica colta contemporanea è che la pittura, la scultura, ecc. sono mediate da mercanti e critici d’arte i quali spesso decidono quali opere debbano essere considerate “valide” e quali no, stabilendone sovente anche il valore economico (quasi arte creata “ a tavolino” da questi esperti ed abili mercanti).
La pittura, la scultura, ecc. peraltro producono “oggetti” (quadri, costruzioni scultoree, ecc.), che possono essere venduti come merce anche molto cara, mentre la musica colta contemporanea, oltre ad essere poco seguita nei concerti (a differenza dei concerti rock, pop, jazz, ecc), non “produce” quasi più oggetti vendibili: con l’evoluzione tecnologica e la digitalizzazione i dischi tradizionali sono scomparsi (se si esclude la recente nicchia di moda del vecchio vinile), i cd sono poco venduti, e moltissima musica si può ascoltare gratuitamente su youtube. Quindi “il mercato” è pressoché inesistente o poco remunerativo per questa area musicale.

2) La musica colta contemporanea ed il ‘900: il secolo delle avanguardie e della provocazione.
Il 1900 è stato un secolo di forti cambiamenti per tutte le forme di arte (pittura, scultura, musica, poesia,ecc.). Nella pittura ci sono state le “rivoluzioni”, ad esempio, dell’astrattismo, del futurismo, del cubismo, ecc. Dopo la seconda guerra mondiale, sono aumentate le “scuole” di pittura centrate sulla provocazione e sulla rottura di schemi e canoni precedentemente accettati dalla maggioranza degli artisti.
Nella musica, già nel primo novecento, si assiste progressivamente al fenomeno di una sempre maggiore frattura tra compositori e pubblico. Da una parte, il grande pubblico, anche perché si diffonde gradualmente un vero e proprio consumo musicale di massa, non accetta molti compositori contemporanei visti come troppo lontani dalla tradizione e dalla “bella”musica, dall’altra, molti compositori “si rifugiano” nel fenomeno delle avanguardie, cioè di musicisti che spesso tendono solo al cambiamento per il cambiamento, disinteressandosi della comprensione e dello stesso “successo” della propria musica: l’importante non è che il prodotto musicale piaccia all’ascoltatore, ma che ci sia un vero cambiamento nella struttura e nella forma della composizione. Il cambiamento è molto spesso provocazione, con una sempre maggiore divaricazione fra i gusti della gente e la “ricerca” del musicista.
In Francia abbiamo, ad esempio, l’atteggiamento dell’ultimo Ravel che sviluppa pezzi musicali connotati dall’ironia; con Erick Satie, l’ironia diventa aperta sfida provocatoria e/o demolizione di ogni retorica ufficiale. I concetti classici di armonia, ritmo e lo stesso concetto di composizione musicale vengono riformulati profondamente.
In Austria abbiamo l’importante scuola di Vienna nella quale nasce l’espressionismo musicale di Schoenberg (in analogia con l’espressionismo delle arti figurative) e la dodecafonia, con la graduale dissoluzione delle tonalità a favore delle atonalità.
Webern e Berg proseguono il percorso di Schoenberg, approfondendo la musica dodecafonica, cioè un nuovo codice musicale per comporre, mediante dodici note che sono in relazione solo l’una con l’altra.
Nel secondo dopoguerra,in Europa, senza addentrarci nelle tante ricerche dei molti compositori (non è questo il nostro compito e scopo) ,l’avanguardia, vale a dire il rifiuto delle forme costituite del linguaggio comunicativo, si rifà agli aspetti più radicali e rigorosi di Webern cioè: utilizzazione di “timbri” scelti con particolare sensibilità, nuove modalità espressive, le quali devono però attenersi a princìpi “matematici” di composizione decisamente rigidi, pezzi musicali spesso molto brevi (tre,quattro minuti); ecc.
Secondo alcuni musicologi e sociologi della musica, come ad es. Th. W. Adorno, l’avanguardia musicale del ‘900 può essere vista anche come un forte tentativo di fuga dalla mercificazione, in un’epoca in cui la mercificazione estetica rappresenta un importante aspetto sociale dell’arte.

3) Le caratteristiche della musica colta contemporanea, viste anche come frutto ed effetto dell’accentuato individualismo dell’uomo del novecento e dell’inizio del terzo millennio.
Come si è visto al punto 2), con il novecento si è avuto nella musica colta il graduale ma radicale cambiamento dei codici musicali, passando dalla musica tonale a codici non tonali o extratonali, senza una vera condivisione e accettazione di questi codici da parte del pubblico o fruitori della musica stessa.
La musica colta sembra quasi diventata una musica da non ascoltare o che addirittura non può essere ascoltata, ma solo composta, una musica non definibile come “arte dei suoni”, e quindi anche “bella”, armoniosa ,piacevole, ma prevalentemente terreno di sperimentazioni e ricerche da parte dei vari compositori.
Uno dei motivi di questa particolare condizione della musica colta deriva anche dal forte individualismo che si è sviluppato dal novecento in poi nel mondo occidentale. Vi hanno contribuito il liberalismo con il suo forte senso ed esigenza di libertà e differenziazione dell’individuo dal gruppo sociale, a partire dalla famiglia. La psicoanalisi ha “scoperto”, con l’inconscio, che ogni individuo possiede un suo mondo interiore molto più ricco e articolato di quanto si pensasse prima, un mondo che è molto differente dal mondo degli altri e che va approfondito, esaminato e, possibilmente, espresso. Va detto che l’individualismo, anche spinto, presenta aspetti indubbiamente positivi quali la consapevolezza della esigenza che ogni individuo possa manifestare ed affermare le proprie uniche e irripetibili peculiarità soggettive, possa sentirsi libero di scegliere e perseguire, nei limiti del lecito e del possibile, ciò che ritiene più congeniale alla propria personalità , in definitiva possa e debba evolversi. Anche l’antroposofia di Rudolf Steiner (pressochè contemporanea alla psicoanalisi) parla di esigenza che il singolo individuo si evolva in una direzione eticamente e spiritualmente più “elevata”e considera l’individualismo come ricerca del proprio potenziale nascosto, attraverso la valorizzazione e la manifestazione della propria individualità, anche attraverso le modalità delle arti. L’individualismo presenta però anche un “polo” negativo, quando cioè confina con l’egoismo, cioè l’attaccamento eccessivo ed esclusivo a se stessi ed alle proprie esigenze e/o pretese, il rifiuto di sentirsi parte di una società sempre più ampia e di contribuire alla crescita di questa società e non solo di se stessi. Si perviene, in questi casi, al narcisismo, al solipsismo, all’isolamento, ecc. I musicisti (ci riferiamo alla musica colta), dal novecento in poi, hanno spesso lasciato che prevalesse questo polo negativo dell’individualismo. Con la graduale perdita dell’unico codice condiviso della musica occidentale, cioè la tonalità, i singoli compositori hanno sempre più sviluppato codici musicali personali e sconosciuti agli altri compositori: ognuno si è espresso con la sua lingua e pochi hanno capito l’altro. In alcuni casi, il compositore, non solo ha creato e utilizzato un suo codice musicale personale, ma ha utilizzato, all’interno delle sue opere , più codici differenti tra di loro. Citiamo, ad esempio, Alban Berg, che in una prima fase, seguendo il suo maestro Schoenberg, utilizzò i codici anche molto rigidi della atonalità e della dodecafonia, per poi ritornare, nella seconda fase della sua produzione, a canoni quasi tradizionali; o Arvo Part, compositore estone tra i più noti, che è passato, ad esempio, da una composizione come “Credo” con codici atonali e completamente “liberi”, alla più recente “Fratres” che evidenzia regole rigide e ripetitive. Va detto che questa musica è attualmente poco seguita, poco capìta e poco amata anche dai giovani, che in genere rappresentano, in quasi tutte le società, la parte più moderna, vicina ai cambiamenti ed alle innovazioni. Possiamo solo dire che i giovani sono probabilmente un pò più interessati a quella parte della musica contemporanea (anche colta), che utilizza modalità musicali derivanti dall’elettronica e dall’informatica. Ma ci sembra che questa maggiore “competenza” derivi da una elevata vicinanza dei giovani alle nuove tecnologie (cosa che si verifica in tutti i settori), più che ad un reale attrazione per questa musica. In Italia, abbiamo, nei conservatori, molte cattedre di composizione, eppure i vari titolari di queste cattedre hanno pochi rapporti tra di loro e anch’essi non hanno saputo superare un certo solipsismo a conferma di quanto si diceva relativamente alle tendenza individualistiche, di tipo deteriore, della musica contemporanea. Come cercare di superare queste difficoltà della musica colta contemporanea. La situazione della musica colta sembra oggi bloccata. Peraltro non si può neanche dire che manchi, da parte del pubblico, la domanda di musica classica. I concerti sono sempre molto affollati, con giovani e meno giovani e con le sempre presenti diffidenze (nel migliore dei casi) nei confronti dei pochi autori di musica contemporanea inseriti nei programmi. Sembra che la frattura tra pubblico e musica contemporanea sia insanabile e, in molti casi, come si è detto, sembra che gli stessi autori accettino o forse preferiscano non essere ascoltati, al di fuori di ristrettissime nicchie di affezionati cultori. Il punto è che si è rotto un rapporto “stabile” tra compositori e pubblico, si viaggia su strade che non si incontrano mai o si incontrano molto poco. Manca un’area di condivisione tra autori e fruitori. Va segnalato però che, specie negli ultimi anni, quando si partecipa a sessioni di ascolto di musica contemporanea, sempre più spesso, alla fine dell’esecuzione dei singoli brani o di tutto il concerto, gli esecutori (che a volte sono anche autori) chiedono al pubblico di formulare domande, esprimere pareri o valutazioni, ecc. relativamente a quanto eseguito, con il risultato che ne derivano interessanti confronti, chiarimenti e approfondimenti che coinvolgono i compositori- esecutori ed i fruitori del concerto. Questi “scambi” sembrano davvero autentici, costruttivi e utili per un inizio di condivisione fra musicisti e pubblico. Spesso i compositori-esecutori cercano di spiegare e verbalizzare anche i “moventi” interni e gli stati d’animo più profondi che li hanno portati ad esprimersi attraverso questa o quella composizione proposta. Questa modalità citata, opportunamente approfondita e implementata, può rappresentare un modo utile ed efficace per ricreare un’area di maggiore partecipazione e coinvolgimento del pubblico, in grado di portare ad un graduale superamento delle fratture esistenti e relative incomprensioni, rifiuti, irrigidimenti reattivi, ecc. Occorrerebbe peraltro partire dal concetto-base che la musica è principalmente l’arte dei suoni e non l’arte della discussione teorica sui codici o sui canoni musicali. Queste modalità di maggiore condivisione fra autori e fruitori possono, in Italia,essere promossi anche dai tanti docenti di composizione dei conservatori i quali, con buona competenza, si potrebbero attivare, in maniera costruttiva, per il superamento della “apartheid” della attuale musica colta che sembra rischiare, se non si cambia verso, la totale irrilevanza nel panorama artistico e culturale dell’Italia, dell’Europa e del mondo occidentale. Ciò non dovrebbe comunque significare un tentativo di ritorno al passato, come si è verificato in parte con i neoromantici o i neoclassici, ma una graduale fuoruscita dalla crisi attuale ed un’individuazione ed espressione di nuove potenzialità creative, da parte dell’uomo del terzo millennio, centrate, perché no, anche su un linguaggio musicale “bello”, che piace, che attrae ed interessa. Roma, aprile 2017 Emanuele Nutile Bibliografia -Adorno Theodor W.-Introduzione alla sociologia della musica- Piccola Biblioteca Einaudi 2002 -Ellenberger Henri F. –La scoperta dell’inconscio- Boringhieri 1972 -Griffiths Paul- La musica del novecento- Einaudi 2014 -Steiner Rudolf- La Filosofia della libertà –Editrice Antroposofica 2013

Emanuele Nutile
8 maggio 2017


Emanuele NUTILE è nato a Napoli. E’ laureato in Giurisprudenza e Psicologia e specializzato in Criminologia Clinica. Ha conseguito la specializzazione in psicoterapia (presso IRPIR). Ha lavorato, come psicologo,a Napoli (Consulente Ministero di Grazia e Giustizia), a Potenza (Ospedale S. Carlo). Dal 1988 al 2010 ha lavorato a Roma, come psicologo-psicoterapeuta presso il Dipartimento di Salute Mentale della ASL RomaB. Si è occupato principalmente di psicoterapia individuale e di gruppo. Nel DSM, tra l’altro, ha ricoperto l’incarico di responsabile delle “Attività psicologiche innovative”. Continua ad occuparsi, specialmente sul piano della ricerca, dell’integrazione fra differenti indirizzi psicoterapici e di alcuni ambiti di attività psicologiche e psicoterapiche innovative. Dal 2010 a tutt’oggi si occupa, tra l’altro, insieme a colleghi prevalentemente psicologi e psichiatri , del rapporto tra la mente e la musica.
Il 30 novembre 2013 ha partecipato, come organizzatore e relatore, al Convegno “Musical-mente”, tenutosi a Roma con l’adesione di Società e scuole psicoterapiche e musicoterapiche (SGAI- IGARS- Kairos, ecc.) al quale sono intervenuti musicologi, psicologi, pegagogisti, psichiatri, musicoterapeuti, ecc. Ha pubblicato numerosi articoli prevalentemente di interesse clinico ed il libro “Analisi Psicologica del Mezzogiorno” Ed. Rubbettino, 2001