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RASSEGNA STAMPA MUSICALE
Avvenire: Riscatto la lirica made in Italy
Per la loro incapacità di vivere. Nei protagonisti di Bohème non sento nessuna tensione creativa forte come non l’avverto in tanti ragazzi di oggi che per affermare loro stessi, per dire che esistono fanno di tutto, compreso buttare via la propria vita. Una tentazione che ho avuto anch’io a vent’anni, ma che sono riuscito a superare grazie a famiglia e amici: oggi la vedo più dura. Raccontare l’opera in abiti moderni è una necessità o una moda? Il mio primo compito come regista è quello di pormi domande problematiche sul testo pensando che non è importante l’ambientazione, ma il fatto di riuscire a rendere credibili e moderni i personaggi: faccio Bohème in abiti moderni, ma anche Don Giovanni in costumi del Settecento e in entrambi i casi sono convinto di essere fedele alle intenzioni dell’autore. Piuttosto, quando mi offrono un titolo, mi chiedo qual è la necessità di una nuova produzione: perché fare una nuova Bohème quando ce ne sono già in circolazione centinaia? Si fa se c’è qualcosa da dire altrimenti si rischia di fare solo pasticci che screditano il lavoro di chi vuole davvero rinnovare l’opera. In Italia c’è spazio per questo rinnovamento? Abbiamo un sacco di risorse e non è vero che mancano i soldi. Il problema è che occorre cambiare l’organizzazione: i teatri che spendono cento devono produrre cento, da noi invece si spende cento e si produce venti. E nessuno dice nulla. Dobbiamo inventarci spazi, farli lavorare, produrre sapendo che se non siamo convincenti ci mandano a casa. L’ho imparato lavorando agli spettacoli per bambini dell’Orchestra Verdi di Milano: non c’erano soldi e dovevi inventarti con poco soluzioni che catturassero l’attenzione. |