INTERVISTE



Praticare la musica? Una guida di Nicoletta Andreuccetti

Nicoletta Andreuccetti è compositrice e didatta. È autrice di A due voci. L’interazione dialogante nella educazione musicale del Rinascimento. Uno sguardo pedagogico tra passato e futuro, LIM 2020. Il libro riassume, già nel titolo, la sua vocazione e una visione della musica improntata sul dialogo e la relazione, principi che stanno alla base di tutte le musiche, nel corso della storia fino ai giorni nostri.
In questa intervista ci racconta la sua avventura.

Per chi è? A chi si rivolge? Chi immagina possa leggerlo?
Mi piacerebbe potessero leggere la mia ricerca il musicologo con lo sguardo dell’educatore, l’educatore con lo sguardo del musicologo, il musicista con lo sguardo dell’educatore... Si potrebbe continuare così, a incrociare ancora ambiti specifici e differenti, per arrivare, semplicemente, all’idea di un lettore che abbia la curiosità di compiere un salto temporale, indietro nel tempo, alla ricerca di una visione il più possibile evocativa e ricostruttiva di un passato che ci appartiene più di quanto ne siamo consapevoli. Lo sguardo che ho provato a proporre è quello di un musicista dell’oggi, con le proprie certezze, i propri interrogativi nei vari campi disciplinari e del ‘fare’ musica, che provi a cogliere ‘per immersione’, nello spaccato di una società lontana e pur fondante la nostra tradizione, assonanze, similitudini, differenze, spunti e riflessioni. Come musicisti dell’oggi ci imbattiamo spesso in questioni che non trovano immediata e completa risposta nel ristretto ambito della propria esperienza personale: occorre, allora, allargare la prospettiva d’osservazione e cercare delle risposte in ambiti altri, non solo negli intrecci disciplinari, ma ancora al di là, andando a cercare le radici storiche degli atteggiamenti consolidati che ci appartengono, anche inconsapevolmente, e che attraversano il nostro operare di musicisti.
Perché? Da dove nasce l’idea e come si è sviluppata nel tempo?
La mia ricerca nasce da una esigenza personale, quasi interiore, di fissare alcune riflessioni maturate in diversi ambiti musicali, approfondendo questioni ricorrenti, che ‘balenavano’ e ‘rimbalzavano’ da un ambito all’altro del mio agire musicale: quello storico-musicologico, quello pedagogico, quello didattico, quello compositivo. Tali approfondimenti si sono sviluppati sul lungo periodo, a ondate successive come pezzi di un mosaico che si è andato componendo pian piano. Così, la ricerca storica delle fonti intorno a cui ruotava l’educazione musicale dal Rinascimento al Barocco almeno, è stata solo uno dei percorsi seguiti. Un altro, ad esempio, ha intrapreso ‘a ritroso’, la lettura e l’interpretazione delle testimonianze storiche delle pratiche musicali e degli ambienti nelle quali venivano esperite, analizzate con la lente del pensiero pedagogico contemporaneo, o ancora, la discussione trasversale delle problematiche metodologico-didattiche cruciali nel secolo scorso, a partire dalla ‘pedagogia attiva’, ritrovate e riconosciute nel pur tutt’altro contesto della corte.
Poi il lockdown mi ha finalmente offerto il tempo per concludere questo libro, nonché di pensare di includere una piccola antologia di brani, come invito a sperimentare nel vivo della pratica didattica la fecondità e la bellezza di questo repertorio che coniuga mirabilmente efficacia didattica e bellezza estetica. La presenza dei facsimili delle fonti originali è di auspicio per un passo ulteriore: l’appropriarsi di questo repertorio utilizzando i libri-parte che stimolano l’interazione con l’altro attraverso il senso dell’udito.
Chi è il soggetto o i soggetti?
Esatto, penso, assolutamente, al plurale; i soggetti sono tanti, come lei giustamente osserva, ma l’elemento decisivo è l’interrelazione dei soggetti in un contesto significante: dentro tale contesto - l’ambiente compatto e organico della corte rinascimentale - i personaggi intrecciano significativi rapporti di vita. Così, nella prima parte del libro, cerco di mettere in evidenza il rapporto compositore-dedicatario, che illumina il complesso paradigma di necessità esistenziali di cui la musica è, al tempo stesso, strumento e metafora. Nella seconda parte del libro, l’asse della ricerca si sposta sul rapporto maestro-discepolo, che scandisce il farsi della musica disciplina, ma anche, parallelamente, viene indagato il rapporto tra il discepolo e i suoi coetanei, per mettere in luce quanto l’esperienza musicale si costituisca a medium privilegiato dell’espressività, del gioco e della corporeità. Nel corso della ricerca, si vedrà come i ruoli dei soggetti, a volte, si scambiano e si intrecciano: penso, ad esempio, al mecenate che assumerà il ruolo di esecutore, talora di compositore, o anche il ruolo dello stesso discepolo, il quale subito immesso nella pratica musicale, a partire dalle primissime esperienze con il maestro, si cimenterà presto nella pratica del cantare, del suonare, dell’improvvisare e del comporre, senza soluzione di continuità. Ciò che colpisce è proprio questa fluidità di ruoli, a cui oggi non siamo abituati, e che, in verità, da diverso tempo gli studi e le pratiche virtuose della didattica musicale più avanzata non mancano di richiamare.
Qual è l’oggetto?
Direi, in sintesi, che, riprendendo ciò che ho appena affermato, l’oggetto della ricerca siano le pratiche dell’educazione musicale. Ma non basta, tali pratiche ruotano attorno a uno specifico repertorio, i bicinia (nella musica rinascimentale e barocca, una composizione didattica a due sole voci, ndr), che utilizza specifici strumenti musicali  - la voce, in primis, e qualsivoglia strumento - in totale fluidità, all’interno di specifici contesti (delle corti e delle chiese). Tutti questi elementi, in profonda interazione, costituiscono gli oggetti della mia ricerca. Ciò che ho cercato di mettere in evidenza è proprio questa polifonia di elementi, che contraddistingue la didattica dell’epoca: un ambiente immersivo, che offre la possibilità di insegnare/apprendere la disciplina in tutta la sua valenza espressiva, comunicativa ed estetica.
Si scopre, dunque, un repertorio a due voci – ‘da cantare e sonare con ogni sorta di stromenti’ come si legge sui frontespizi delle stampe - che è più un pre-testo che un testo: non un testo da decifrare ed eseguire, come mero esercizio didattico, ma un repertorio attraverso cui le prime attività musicali dell’alunno prendono forma, in continuità con le esperienze ludiche ed espressive della prima infanzia. Ritorna quella fluidità, alla quale alludevamo prima, in quanto i bicinia si cantano, si suonano, si trascrivono in partitura, si compongono ‘alla mente’, si variano e si improvvisano.
Il tutto avviene in modo certamente graduale, ma, fin da subito, è fondante la potenza espressiva che ne deriva, poiché l’allievo non esercita il proprio ‘agire’ musicale su un qualcosa di artificiale, di asettico, di separato dal resto – come i tasselli di un puzzle che trovano il senso solo alla fine di un percorso – ma lo esercita, fin dai primi passi dell’educazione musicale, attraverso esperienze estetiche autentiche, piene di senso e di significati personali, dalle quali si svilupperanno le prime concettualizzazioni del linguaggio musicale, si affronteranno le questioni teoriche e si affineranno le pratiche musicali.
Un esempio illuminante è rappresentato dal solfeggio, primissima destinazione dei bicinia, che non è parlato, ma cantato a due voci, con il maestro e poi con i coetanei: una pratica polifonica attraverso cui l’allievo affina l’orecchio, l’intonazione e il senso ritmico appropriandosi, nel contempo, dei principi sintattico-grammaticali, e, soprattutto, sviluppando le prime abilità esecutive, interpretative, improvvisative e compositive. Non c’è distacco tra il momento dell’alfabetizzazione e le pratiche musicali più avanzate: la lettura cantata a due voci, attraverso i bicinia, è un’attività completa e coerente in sé, sì commisurata alle competenze del principiante, ma fondata sul forte senso musicale di tale repertorio, che si colloca a tutti gli effetti nella letteratura musicale dell’epoca, non nel ghetto dell’artificio didattico. Un bello musicale che alimenta, fin dal subito, la necessità di una dimensione estetica dell’esistente, come canale privilegiato dell’espressività e, anche, della conoscenza. L’organizzazione contrappuntistica a due voci è, dunque, simbolica di un modus operandi, dell’incontro fecondo dell’allievo e del maestro, che è, al tempo stesso, l’incontro con una cultura, l’integrazione della propria espressività con un ambiente significante e condiviso.
Quali orizzonti suggerisce?
Nel Rinascimento esiste un linguaggio musicale unitario, il contrappunto, che costituisce una vera e propria lingua madre e a cui gli allievi sono naturalmente educati, fin dalla nascita: il nuovo, ciò che viene appreso, nel momento formalizzato della lezione, ha sempre un legame con ciò che l’allievo ha già esperito nella propria quotidianità. L’educazione musicale si inserisce nel percorso formativo dei principianti in assoluta continuità e coerenza con la propria cultura musicale. Come detto prima, ciò che colpisce è che la letteratura didattica non rappresenta un qualcosa di ‘altro’, un surrogato sterile e del tutto avulso dall’esistenza dell’allievo, ma, fin da subito, lo colloca nella musica del suo tempo. Anzi, mi correggo, non lo ‘colloca’ in alcun luogo, ma, nel rispetto di ciò che già è, fa in modo che affini gli strumenti di quella cultura ab origine condivisa. L’interazione dialogante allievo-maestro, costitutiva dei bicinia, è l’emblema dell’armonia che si instaura nel passaggio generazionale della memoria storica, la quale è necessaria alla costruzione della propria identità musicale.
La situazione odierna è ovviamente molto diversa: la musica è esplosa in una pluralità di linguaggi, i quali, talora, fanno fatica a dialogare fra di loro. Lo stesso processo educativo è caratterizzato da discontinuità e fratture sempre più evidenti. Non si tratta dunque di riproporre in maniera inerte le pratiche rinascimentali, bensì di distillarne la lezione. Quest’ultima consiste, a mio avviso, nel profondo processo di significazione cui è sottoposta la pratica musicale. Radicare la musica nel proprio vissuto, fin da subito, come dimensione fondante della propria espressività e delle proprie risorse comunicative, artistiche e culturali, diventa essenziale per appropriarsene come strumento operativo per leggere il mondo e per leggersi nel mondo.
Accogliendo questa visione, suonare, cantare, comporre, ascoltare, significa, non solo arricchire la nostra sensibilità, il nostro senso estetico, orientandoci culturalmente, ma anche proiettarci, nel contempo, in una fondamentale dimensione relazionale con il mondo esterno, riconoscendo nell’altro da sé tracce della propria umanità.
L’auspicio è, dunque, che lo studente di oggi possa aprirsi alle diversità dell’esperienza contemporanea, ben lontano dall’agire musicale solipsistico cui una certa tradizione didattica ci ha abituato, ma in un dialogo ispirantesi, appunto, a quel mondo, che non nega alla nostra disciplina un ruolo importante nella costruzione identitaria del soggetto.

Invito all’ascolto di alcuni bicinia:
Orlando di Lasso, Duo n. 2 Beatus homo
Orlando di Lasso, Duo n. 3 Oculus non vidit  Antonio Gardano Bicinium, De jour en jour tu me fais consumer
Alexander Agricola, Instrumental Bicinium
Giovanni Giacomo Gastoldi, Bicinium no. 1

A cura di Caterina Santi 23 ottobre 2020

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