INTERVISTE



#tempocalmo: 5 domande a musicisti in tempo di coronavirus: Mattia Petrilli
Mattia Petrilli, flautista
1 - Come passa il suo tempo e di cosa si sta occupando sul piano musicale?
Arrivavo da un periodo di lavoro molto intenso e stressante, il mio ultimo concerto a Londra con la Philharmonia a inizio marzo, e ne ho approfittato per riposare e dedicarmi alla mia splendida moglie, anche lei musicista e che vedo sempre meno, alla nostra casa e al nostro bellissimo giardino. In realtà non ho mai smesso di lavorare e settimanalmente ho fatto lezione ai miei studenti del Conservatorio di Livorno, cercando di ottenere il massimo dalla difficile contingenza e dal dover fare lezione a distanza, approfondendo il repertorio con ascolti mirati, lavorando sul metodo di studio e su simulazioni di audizione attraverso le registrazioni di video, organizzando insieme ai miei colleghi seminari online…
2 - Ha proposto sue esecuzioni in streaming?
Ho proposto registrazioni dal mio ultimo recital (fine gennaio), ma è un tema interessante e complesso. Ho studiato e lavorato ogni giorno per anni (ed è una ricerca musicale e tecnica che continua quotidianamente) per potermi conquistare il diritto di suonare su un palcoscenico, e penso che nell’odierno contesto culturale, politico e sociale destabilizzato ulteriormente dall’emergenza Covid, questa esigenza di espressione artistica e di esperienza culturale debba essere ancora più forte, viscerale, necessaria. Lo streaming, i social, sono un grandissimo propulsore di espressività e fruizione, ma possono essere fuorvianti: a prescindere dal livello musicale o tecnico degli interpreti, la qualità audio/video è spesso troppo scadente. Un’involuzione radicale, insieme agli ascolti “appiattiti” dalle app di Spotify o YouTube, se pensiamo che fino a pochi anni fa la gara era sul come migliorare l’esperienza di ascolto. Ora l’importante è esserci, il “come” non sembra così fondamentale, purtroppo.
3 – Terminata l’emergenza COVID - 19 a suo avviso il modo di fruire la musica dal vivo sarà lo stesso o ripensato?
Una volta che si potrà tornare alla normalità, non vedo perchè la fruizione dal vivo debba essere ripensata. Anzi, spero che la quarantena e il distanziamento sociale possano aver creato quella necessità di condivisione ed esperienza tale da poter portare più pubblico nei teatri, nelle sale da concerto, così come nei musei, cinema ecc.
4 - Quale futuro lavorativo si prospetta per il settore e soprattutto i giovani interpreti dopo la pandemia?
Sono fiducioso, dobbiamo sperare per il meglio e continuare a studiare e lottare per ritagliarci il nostro spazio per poterci esprimere. E sono sicuro che la macchina lentamente ripartirà, nonostante alcune situazioni davvero allarmanti (a Londra per esempio la situazione è davvero drammatica, denunciata per altro da Simon Rattle e Mark Elder sul Guardian pochi giorni fa). Fortunatamente fra poche settimane tornerò a fare quello che amo, due recital e due programmi molto “catartici” insieme al pianista André Gallo, e una Rita di Donizetti molto alternativa a Lipsia.
5 – Vuole rivolgere un pensiero/appello al pubblico dei concerti?
L’appello lo faccio ai colleghi, agli organizzatori, agli enti culturali. Cerchiamo di trarre il meglio da questa situazione, diamo continuità a questo positivo confronto che sta movimentando il nostro settore, stimolando soprattutto un'onesta riflessione personale. La mia: siamo artisti e siamo cittadini, che la nostra musica possa alleggerire, portare gioia, emozionare, ma anche far pensare e purificare. Il pubblico se ne accorgerà e ci seguirà.

© Cidim

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