INTERVISTE



#privilegiodeltempo: 5 domande agli operatori musicali per il dopo coronavirus: Lelio Giannetto
Lelio Giannetto, direttore artistico Curva Minore - Associazione per la musica contemporanea
1) Quali elementi dell’attività dello “Spettacolo dal vivo” vorreste che fossero maggiormente valorizzati nel prossimo decreto?
Ho come avuto l’impressione che si voglia spingere gli artisti e l’utenza a un utilizzo sempre più orientato verso forme di distanziamento che, in buona sostanza, promuovono l’utilizzo dello schermo su varia scala. Ciò ovviamente è assolutamente contraddittorio con la necessità del contatto fisico o, comunque, della presenza reale - e non virtuale - per svolgere quella funzione di scambio sensoriale tra fonte emittente e ricevente nel contesto/ambiente. Questo sistema analogico è fondamentale per continuare quel processo umanistico che permette di veicolare, anche nel periodo in continua e veloce trasformazione tecnologica, espressioni di senso umano senza cadere nel gioco/trucco della denaturalizzazione. Se ci riferiamo ai DPCM l’idea del contingentamento e delle misure di prevenzione potrebbero essere utilizzate virtuosamente. Specialmente per le piccole sale sarebbe opportuno sviluppare soluzioni differenti in direzione di un miglior supporto per chi non dispone di spazi che consentano comunque una significativa quantificazione della biglietteria. Ma si dovrebbe prendere spunto dalle riflessioni proposte durante questo periodo di fermo (evito per quanto posso di utilizzare terminologia generalizzata in lingua non originale) per sferzare un colpo a vantaggio del recupero di una dimensione più adatta alle esigenze dell’uomo e delle sue naturali necessità culturali e non del mercato o dell’industria culturale. Si potrebbero creare misure per le strutture del territorio capaci di esprimere innovazione a vantaggio non tanto dell’aspetto tecnologico, ma di un modo diverso-più-che-nuovo di porgere il messaggio culturale. Mi riferisco soprattutto alla valorizzazione di quei contenuti artistici che nascono e si sviluppano su linee di profondità di senso esprimendo le necessità e le riflessioni del tempo attuale, senza pregiudizio alcuno. Ci sono sul territorio nazionale strutture capaci di porgere questi contenuti attraverso modi e metodi di fruizione efficaci nell’affrontare nuove (diverse-più-che-nuove) possibilità, nuove soluzioni: a queste strutture, a questi programmi, a questi indirizzi dovrebbero essere offerte delle attenzioni finora poco considerate. Si, una forma di ampliamento del sostegno del FUS: le imprese della Tradizione distribuiscono o producono memoria storica imprescindibile, ma forse varrebbe anche la pena di considerare, ad adiuvandum, una diversificazione dell’offerta culturale. Certo, se le commissioni di valutazione restano le stesse, reiterate negli anni, la possibilità di sviluppare innovazione e favorire non tanto un ricambio, ma un ampliamento dell’offerta risulta impossibile; se saranno i criteri numerici o della cosiddetta industria culturale temo non si faccia un grande favore a chi lavora su altre visioni - e anche concrete - della cultura attraverso i linguaggi del contemporaneo. Non sono, a mio parere, le formule schematiche rigide che sviluppano quella necessaria estensione culturale che possa creare ampiezza di visioni e complementarietà della risorsa-diversità. Lo slogan potrebbe essere: - meno politica + onestà intellettuale, ma saremmo nel paese delle meraviglie e non in quello della bella addormentata.
2) Quali pensate possano essere le azioni da intraprendere per potenziare la divulgazione della cultura musicale soprattutto rispetto al mondo dell’istruzione, dagli asili nido all’università?
Il rapporto con la musica fin dai primi giorni di vita, o addirittura fin dalle condizioni prenatali, è di fondamentale importanza per una crescita sana e bilanciata del bimbo. Nella sua condizione pre o neo-natale il bimbo vive nella sfera di massima creatività sensoriale quindi sarebbe opportuno sviluppare una serie di programmi di ascolto o di pratiche laboratoriali a sostegno del periodo della gravidanza e dei primissimi anni di vita. In fase prescolastica continuare dette iniziative incrementandone il lato creativo. Dal periodo scolastico, oltre a mantenere il sistema della lezione frontale andrebbe sviluppato il lavoro di laboratorio attraverso differenti linee di approccio esperienziale: dalle tematiche legate al Paesaggio Sonoro, alle esperienze dell’ascolto guidato e alla composizione concreta. Ma occorre iniziare fin dalla scuola primaria una relazione con le istituzioni esterne, per maturare l’esperienza di partecipazione collettiva all’ascolto dei suoni e alla musica dal vivo. Forse l’idea della ormai classica lezione-concerto potrebbe essere superata con forme diverse di partecipazione attiva attraverso performance innovative o, anche, interattive. In fase più evoluta, credo sia di particolare importanza sviluppare una vera e propria osmosi in cui gli operatori/divulgatori entrino a scuola con progetti ad hoc, ma che non si limitino alla lezione frontale utilizzando anche il metodo maieutico per sollecitare nello studente interesse attivo, al contempo, trovando il giusto modo per trasferire informazioni nuove che possano aprire le porte della conoscenza a nuovi territori della musica e del pensiero. Di altrettanta importanza, anche in questa fascia d’età, è il rapporto con le strutture esterne ai protocolli istituzionali, non limitando a uno e uno solo linguaggio o genere musicale, cercando di rappresentare differenti possibilità espressive in modo da poter, nei fatti, sviluppare confronti su forme e contenuti e soprattutto nel discernimento tra intrattenimento, industria culturale e pensiero evolutivo come ricerca del profondo. È importante quindi trovare la giusta metodologia di comunicazione secondo, - e non assecondando - le necessità critiche del contesto.  
3) Qual è la vostra opinione circa le iniziative che un’Istituzione musicale può indirizzare alla formazione del pubblico, in particolare agli adulti?
In questo clima contingentato, in cui probabilmente molti avranno iniziato un percorso di riflessione su altre possibilità di recupero di una dimensione socio-culturale più attenta ai processi naturali, dove la distanza fisica potrebbe anche metaforicamente creare una condizione psicologica di miglior raccoglimento e identificazione, ma al contempo un’estensione dell’attenzione verso l’altro, sia esso altro pubblico o musicista, performer attante, si potrebbero, forse, proporre delle iniziative volte alla conoscenza di modi e contenuti differenti da quelli già noti, orientando il pubblico verso nuovi, o diversi-più-che-nuovi, approcci. La musica è un universo in continua espansione, ma spesso ci si arena su spiagge ben note e rassicuranti… che spesso sviluppano processi esclusivi e non inclusivi di altri linguaggi della musica: nel percorso evolutivo in continua espansione, si rischia di sviluppare un pubblico di specialisti, spesso ristretto. Credo sia opportuno, e non già soltanto da adesso, provare a investire più che sul tutto esaurito, su un ampliamento dell’offerta attraverso una metodologia adeguata di divulgazione che non guardi all’immediatezza dei numeri da raggiungere, piuttosto spostata verso gli obiettivi di crescita e non solo in senso orizzontale. Profondità di pensiero si esprime su diversi ambiti o linguaggi del suono, ma se non si ha conoscenza adeguata il rischio di ridurre la musica a oggetto potrebbe diventare un serio motivo d’interesse per l’industria, a discapito della libertà del pensiero. L’industria muove economia, ma dovrebbe essere la cultura, e la cultura di una visione politica ampia, a muovere l’industria. Bisogna invertire il processo, oppure far finta di niente e navigare a vista (ma non sempre… a prima vista).
4) Quali azioni di valorizzazione del sistema produttivo musicale italiano pensate possano essere messe in campo?
Il sistema produttivo musicale in Italia, benché, a guardare in superficie, possa sembrare uniforme, esprime, al contrario, ricchezza e ampiezza di contenuti. Molto spesso abbiamo visto l’insorgere, a macchia di leopardo, sia in senso storico che nel continuo dell’oggi, di movimenti o gruppi di musicisti che, tentando varie forme più o meno spontanee di collegamento, hanno provato a rendersi disponibili a sviluppare formule di collegamento sociale sulla base di formule differenti dalla tradizione istituzionalizzata. Non è soltanto una questione generazionale - largo sempre ai giovani, per carità, specie quando giovani si resta sempre nell’animo, nel pensiero e nell’azione: si tratta di sviluppare nel sistema di produzione già ben radicato, ma anche immaginando altre possibilità, forme di collegamento, di scambio artistico culturale, tra queste risorse che, espresse in origine su base territoriale locale, possano trovare spazi di confronto con altri contesti. Questo lo immagino su vari livelli e in differenti contesti: dall’opera lirica alle forme più estreme, libere e poco istituzionalizzate fortemente presenti anche sul nostro territorio e che probabilmente varrebbe la pena di evidenziare, non soltanto per i valori che in sé possono esprimere, ma anche per un sano confronto dialettico volano dinamico di movimento dello spirito.  
5) Quale potrebbe essere il futuro del rapporto tra le Istituzioni concertistiche e la Rai e lo streaming audio-visivo?
Ben conosciamo come siano ricchi gli archivi e le teche della Rai, ma molto spesso, al di là dell’altissimo livello di alcune trasmissioni, assistiamo ad una specie di ghettizzazione dell’informazione o della distribuzione. I canali culturali dell’emittente nazionale, se da un lato consentono una programmazione parallela, dall’altro creano, di fatto, un dislocamento, una forma di marginalizzazione, offrendo a chi già conosce le ‘certe’ opportunità. Ma questa è un’altra questione: abbiamo notato, in questi ultimi periodi di raccoglimento domestico, il nascere di alcune trasmissioni legate al mondo della scuola, che comunque hanno dato un certo tono d’interesse culturale ad una platea più ampia. Potrebbe essere questo un metodo da applicare anche in ambito musicale (ci ricordiamo ancora Luciano Berio condurre C’è Musica e musica). Potrebbe essere opportuno sviluppare un rapporto geo-localizzato, mettendo in relazione le Istituzioni concertistiche, che operano a stretto contatto con il territorio di riferimento, con la programmazione nazionale della Rai, offrendo così un quadro reale delle azioni che quotidianamente prendono vita in ogni angolo del territorio nazionale. Potrebbe intendersi come un’applicazione estesa della ricerca etno-musicologica. In questo modo si darebbe visibilità nazionale alle realtà istituzionali che ogni giorno si confrontano con una platea che segue le iniziative musicali offrendo così la reale visione di ciò che accade in ogni città, in ogni regione, come fatto culturalmente concreto, ma anche in questa circostanza è fondamentale considerare l’aspetto delle diversità di pensiero. Per il resto lo stesso Celibidache non guardava di buon occhio la riproduzione discografica, figuriamoci lo streaming…

© Cidim
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