INTERVISTE



#tempocalmo: 5 domande a musicisti italiani in tempo di coronavirus: Gabriele Panico Larssen Industrie
Gabriele Panico Larssen Industrie compositore autore
1 - Come passa il suo tempo?

Sebbene con minore intensità, continuo a pensare e scrivere musica. Ma tante energie le investo insieme a collaboratori e partner di progetti a cercare soluzioni per capire come ci si potrà muovere musicalmente nel prossimo futuro. Continuo a sostenere, in dibattiti e dichiarazioni, che occorre un sostegno a tutto il processo musicale: agli autori e agli interpreti (fermi per mancanza di commissioni, eventi e progetti) e ai fruitori finali (è innaturale pensare alla musica senza l’obiettivo di farla ascoltare come si deve). Le misure di sostegno, ancora confuse per via dell’emergenza sanitaria, non possono solo riguardare i luoghi e i contenitori ospitanti le due categorie citate. La musica è una faccenda che riguarda costantemente il presente dell’ascolto, la si uccide agevolmente se gli si da un peso solo storico o obbligatoriamente proiettato al futuro.
2 - Di cosa si sta occupando?

Questa quarantena è iniziata con una tremenda sequenza di depennamenti: di date, incontri, workshop. Anche alcuni progetti discografici dovranno essere prorogati. Continuo per quanto posso a lavorare sui progetti ancora aperti: alcuni legati alla musica contemporanea, altri alle musiche per il cinema e all’arte contemporanea. Il futuro è molto incerto e mette un certo timore, ma la mia piccola bottega non si è mai preoccupata solo della domanda. Insomma, signori, vivevo in un Paese che aveva quasi abbandonato totalmente un ascolto attento e volontario anche prima della pandemia. Le musiche costruite su più livelli d’ascolto sono state sepolte vive già da un lungo percorso almeno ventennale… L’intrattenimento “veloce” e la corsa al “nuovo ad ogni costo” hanno tolto molto spazio e ossigeno alla libertà degli scrittori di musica. Immagino, però, che quello che ho da dire tramite la musica e una mia presunta creatività continuerò a farlo con ogni tipologia di orizzonte che si profilerà. Ma la musica, come tanti altri cantieri umanistici, avrà bisogno di tanto aiuto.
3 - Cosa propone di vedere e ascoltare della sua musica?

Dai miei lavori come Gabriele Panico invito volentieri all’ascolto di alcuni dischi recenti: “Soundcarraldo” (2012) e “Orsobruto” (2016). Da quelli a nome Larssen, sempre per restare in direzioni musicali senza appoggi, il nuovo lavoro “Incassini” (2019).
4 - E della musica in genere?

Qui c’è da perdersi. Direi qualsiasi cosa esista con Petrenko alla guida dei Berliner: io amo Rattle e Abbado ma da quando è arrivato questo cavallo pazzo, il suono lucente dei tedeschi ha acquisito anche un po' di pelo e denti aguzzi. Procedo random: uno dei dischi che suona di più in questo periodo ha a che fare con una delle mie grandi passioni, le corali di scuola inglese: “The music of King’s” del Choir Of King’s College di Cambridge. Tra le tonnellate di jazz, vince sempre l’atmosfera del cosiddetto secondo quintetto di Miles Davis: per intenderci, i dischi con Wayne Shorter al sax da “ESP” a “Miles in the sky”. Come suoni di confine, invece, rimando al vasto repertorio di due maestri autentici. Entrambi prematuramente scomparsi: Mika Vainio e Andrew Weatherall.
5 - Qual è il colore della musica?

Non saprei, lo chiede a uno che ha grandi difficoltà ad accoppiare i calzini… volutamente tendo ad accoppiare alla musica colori non vivaci. Penso sia una un meccanismo involontario per difendere la musica dal dominio dell’immagine…

Infine, qual è la composizione che ha cambiato la sua vita?

Tantissime opere mi cambiano la vita, di continuo. Cito volentieri una composizione che adoro e che uso da tantissimi anni per disciplinarmi prima di iniziare un lavoro: che sia da camera, elettronico, per il cinema o di improvvisazione. Una sorta di doping fiammingo, di Josquin Desprez: il suo Salve Regina a cinque voci, se non sbaglio del 1502. Un mottetto dalla struttura semplice che si fonda sull’utilizzo di due tecniche: la parafrasi di un cantus firmus preesistente e l’impiego di un mottetto ostinato. Come tante cose del repertorio polifonico fiammingo, si ascoltano poche semplici linee che intrecciandosi schiudono un universo incredibile e… inaudito, ogni volta.

Vi offro due miei link e parto dal perché: la mia musica mi rappresenta e aderisce perfettamente ad ogni mio pensiero e pratica. Anche a quelli non proprio esemplari o politically uncorrect. Il primo è un pezzo pubblicato nel 2016, Honestly Biluba. Il secondo è un pezzo pubblicato nel 2012, Pernambuco.

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