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Divulgazione
Musica maledetta - Il trionfo della non musica
di Mario Delli Ponti
Presentazione Franco Lorenzo Arruga

ISBN 978-88-6540-018-0, Zecchini Editore, Varese 2012

pp. VIII+120, 19,00 €

Descrizione: “Musica maledetta” non è solo quella imposta banalmente dalla liturgia corrente, ma anche quella impressa dall’avidità del guadagno nel codice genetico dei suoni. Quanto sia ignobile e diseducativo che nelle scuole e nelle chiese insegnino ad apprezzare le schitarrate di infimi cantautori più o meno media-diffusi non appare evidente nelle società dei consumi. I ragazzi crescono imparando a usare la musica, nel miglior dei casi, come “ansiolitico ecologico”. Sarebbe lecito aspettarsi dalla chiesa l’attaccamento al suo irrinunciabile ruolo storico di promotrice delle arti, ma questo negli anni va scomparendo. I sacerdoti non sono più i colti amanti di una cultura universale, insieme agli imperatori, ai Gregorio Magno. I gran signori di Toscana, i papi quali Leone X o Urbano VIII non proteggono più Michelangelo o Monteverdi. Durante le celebrazioni in chiesa si è immersi in uno sciatto e profano livello di ascolti musicali e ciò crea una decadenza della convivialità sacrale. Si offre anche a Dio il peggio, solo perché è più noto, più facile e propagandato e magari perché “piace ai giovani”. Tutto questo è un invito alla superficialità. La gioia intima si muta in condivisione primitiva e dissennata. La dimensione del ricordo musicale nel silenzio è uccisa. Il pattume sonoro ha vinto. Jubal per primo forgia i suoni con pezzi di legno su cui tende delle corde con canne e corna di bovino. Egli accettò lo sgomento di provenire da Caino, ma si evolse per la forza redentrice delle note che aveva creato. L’arte non è algolagnia. L’attestano in musica — si licet — (gli esempi sarebbero innumerevoli) alcuni Madrigali di Gesualdo da Venosa, la Passione secondo San Matteo di Bach, il terzo movimento della Sonata beethoveniana opera 110, il primo del Quintetto in Do maggiore di Schubert, l’ultimo della Nona sinfonia di Mahler, l’adagio molto del Quarto quartetto di Béla Bártok. L’aggirarsi entro tali suoni conduce a un “viaggio numinoso”, intenso e liberatorio, in cui la poesia si sente attratta in un percorso senza fine dove si vivono momenti senza tempo. È il terreno privilegiato della ricerca artistica. In questo viaggio nella potenza divina della musica si svolge il significato e il contenuto di “Musica maledetta” che ci accompagna dalle origini di una consacrazione musicale all’estatico ultimo capitolo, dove Il pane di Horton diviene l’archetipo in cui ci “sovvien l’eterno”.
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