#tempocalmo: 5 domande a musicisti in tempo di coronavirus: Fabio Pupillo
Fabio Pupillo , flautista
1 - Come passa il suo tempo e di cosa si sta occupando sul piano musicale?
In questo periodo di forzata inattività sono riuscito a passare molto tempo insieme alla mia famiglia e mi sono occupato di alcune mie passioni: la cucina, la lettura e la cura del giardino. Ho avuto anche molto tempo per pensare. Mi sono soffermato a riflettere sul rapporto che intercorre tra essere e fare. Verbi che nella nostra lingua, spesso, usiamo in modo indifferente (sono un flautista o faccio il flautista) ma che in realtà sottendono significati assai diversi. I ritmi frenetici hanno portato a un forte sbilanciamento verso un fare, privo di senso, a discapito di un essere di sostanza. Nell’ottica, dunque, di cercare di aumentare la sostanza nel mio essere sul piano musicale, oltre alle lezioni a distanza e lo studio di nuovo repertorio, ho pubblicato sul mio canale YouTube 33 lezioni dedicate ad alcuni aspetti della tecnica flautistica che ho intitolato: Le Pupillole Musicali.
2 - Ha proposto sue esecuzioni in streaming?
Non ho proposto esecuzioni in streaming ma ho realizzato alcuni video che ho caricato sul mio canale YouTube. Una parte di questi dedicati al repertorio per flauto solo e un’altra a mie trascrizioni per 4 o 5 flauti che ho suonato e montato insieme.
3 – Terminata l’emergenza COVID - 19 a suo avviso il modo di fruire la musica dal vivo sarà lo stesso o ripensato?
Onestamente questo non sono in grado di dirlo. L’uomo fatica molto quando si parla di modificare o cambiare delle abitudini consolidate. Quello che spero, però, è che si ripensino gli spazi ove fare musica. I teatri e le sale da concerto sono dei templi che non è detto debbano rimanere tali. Ma, ancor di più, non tutta la musica deve essere fruita solo ed esclusivamente in quegli spazi. La maggior parte di essa, infatti, non era stata pensata per sale da concerto e il ri-portarla fuori, potrebbe significare riuscire ad arrivare al cuore di più persone.
4 - Quale futuro lavorativo si prospetta per il settore e soprattutto i giovani interpreti dopo la pandemia?
Di natura sono un pessimista che vive il suo pessimismo con grande ottimismo e così voglio esserlo anche in questa circostanza. Orson Wells diceva:” In Italia per trecento anni sotto i Borgia ci sono stati guerra, terrore, criminalità, spargimenti di sangue, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo, il Rinascimento. In Svizzera hanno vissuto in amore fraterno, hanno avuto 500 anni di pace e di democrazia e cosa hanno prodotto? L'orologio a cucù”. Battuta a parte anche qui sinceramente non riesco a fare previsioni. Quello, però, che posso dire è che mi impegnerò, come ho sempre fatto, affinché i giovani trovino i loro spazi e le loro occasioni di lavoro.
5 – Vuole rivolgere un pensiero/appello al pubblico dei concerti?
Questa emergenza sanitaria ha messo in luce un aspetto molto chiaro riguardante la nostra esistenza. Nel nostro percorso naturale cerchiamo quotidianamente di sopravvivere proprio nel senso etimologico del termine, ovvero ci sforziamo di vivere più a lungo, di superare le difficoltà, in una sola parola di farcela. Questo, però, è un continuo agone che, più o meno consapevolmente, ci impegna e ci logora. Ciò che trasforma il sopravvivere in vivere è l’arte, in tutte le sue declinazioni. L’arte è un tempo al di fuori del tempo, è un rifugio, un dolcissimo elisir che ci nutre, migliorandoci costantemente. Noi dovremmo sforzarci ancor di più per far comprendere questo al pubblico comunicando che non facciamo solo spettacolo ma produciamo una ricchezza dal valore inestimabile: diamo qualità al viver quotidiano.

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