#privilegiodeltempo: 5 domande agli operatori musicali per il dopo coronavirus: Piergiorgio Meneghini
Piergiorgio Meneghini , direttore artistico Società del Quartetto di Vicenza
1) Quali elementi dell’attività dello “Spettacolo dal vivo” vorreste che fossero maggiormente valorizzati nel prossimo decreto?
Concordo senz’altro con la maggior parte dei colleghi che mi hanno preceduto sulla scelta della qualità; ma non basta. Credo infatti sempre più che il ruolo di un’organizzazione musicale non vada limitato ad allietare una ventina di sere all’anno un numero ristretto di appassionati della musica classica senza entrare nel tessuto sociale del proprio territorio con il coinvolgimento di fasce sempre più vaste di ascoltatori a partire dagli scolari anche in giovane età. E dunque un’attenzione particolare da parte della commissione ministeriale dovrebbe essere indirizzata a chi in questo senso opera, in molti casi sostituendosi al ruolo degli enti locali. Aspetto poi non secondario dell’attenzione della commissione dovrebbe riguardare la lettura accurata dei bilanci dai quali dedurre le modalità d’impiego del contributo statale.
2) Quali pensate possano essere le azioni da intraprendere per potenziare la divulgazione della cultura musicale soprattutto rispetto al mondo dell’istruzione, dagli asili nido all’università?
L’Italia è l’unico paese in Europa senza obbligo di educazione musicale dalla scuola dell’infanzia alle scuole superiori, eccetto i tre anni della scuola media inferiore dove spesso, gli alunni vivono l’ora settimanale di musica come un passatempo. Il confronto con paesi vicini è sconfortante: i cugini francesi, ad esempio, in ogni Comune con più di 10.000 abitanti hanno un Conservatorio Municipale, istituzioni pubbliche sostenute dagli Enti Locali con insegnanti assunti per concorso di bambini dai 4 anni in su. A ciò si aggiunge che i giovani diplomati dei Conservatori italiani da almeno tre lustri non hanno sbocchi di lavoro. La soluzione a queste preoccupanti e pregiudiziali situazioni allo sviluppo della cultura musicale è di una semplicità estrema e porterebbe a benefici indiscutibili: inserire l’educazione musicale dalla scuola d’infanzia alle superiori coinvolgendo nell’insegnamento i neo diplomati dei Conservatori, che dovrebbero seguire un percorso formativo alla professione. Da una parte così si andrebbe a colmare un vuoto educativo atavico con riflessi positivi sulla civiltà delle nuove generazioni e dall’altra si ridurrebbe notevolmente la disoccupazione dei giovani musicisti.
3) Qual è la vostra opinione circa le iniziative che un’Istituzione musicale può indirizzare alla formazione del pubblico, in particolare agli adulti?  
Notiamo che il favorire dei momenti d’incontro con artisti, musicologi o giornalisti specializzati prima e dopo i concerti è motivo di grande interesse da parte del pubblico. Il fatto di potersi avvicinare all’ascolto di un brano attraverso brevi esecuzioni e contestualizzazioni storiche presentate in termini comprensibili dagli stessi interpreti, risulta di grande attrazione per il pubblico adulto. Tutto ciò lo possiamo dedurre dal numero crescente di adesioni che queste iniziative continuano ad avere. Ma la formazione musicale dell’adulto può avere un ulteriore incremento grazie ad appositi progetti pensati per le famiglie (rappresentazioni di fiabe musicali nei pomeriggi delle domeniche invernali)
4) Quali azioni di valorizzazione del sistema produttivo musicale italiano pensate possano essere messe in campo?
Ci ricolleghiamo alla seconda risposta in quanto l’effetto a catena di una divulgazione capillare nelle scuole porterebbe a sanare un’altra grave lacuna nel sistema musicale italiano, quello relativo al numero esiguo di orchestre. Se da un lato l’inserimento della musica nella scuola d'infanzia risolverebbe in buona parte la disoccupazione musicale, dall’altro potrebbe essere determinante la costituzione di orchestre giovanili di formazione in tutte le Regioni italiane, che assicurerebbero il ricambio generazionale nelle orchestre professionali, arrivando così a colmare anche il vuoto lasciato dalla chiusura delle orchestre RAI.
5) Quale potrebbe essere il futuro del rapporto tra le Istituzioni concertistiche e la Rai e lo streaming audio-visivo?
Il successo di alcuni programmi radiofonici legati a radio tre della Rai come ad esempio le Lezioni di musica che da molti anni vengono trasmesse grazie alla qualità dei conduttori scelti e ai temi trattati, ma anche quello di reti private come Classica di Sky che negli ultimi anni ha portato una ventata di novità nel panorama dello streaming, potrebbero essere da incentivo per una proposta televisiva parallela. Considerato che in ogni Regione oltre alle sedi Rai sono attive numerose associazioni concertistiche di buon livello, potrebbero nascere delle collaborazioni artistiche di rilievo attraverso la registrazione di alcuni eventi uscendo dagli stereotipi che vogliono fissare gli appuntamenti con la‘classica’ solo per capodanno o l’inaugurazione di qualche ente lirico.

© Cidim