#tempocalmo: 5 domande a musicisti in tempo di coronavirus: Samuele Aceto
Samuele Aceto , violinista
1. Come passa il suo tempo e di cosa si sta occupando sul piano musicale?
Ho fatto del mio meglio per trasformare una situazione difficile e di disagio come questa in una occasione per studiare con calma e prepararmi, senza avere eccessivamente l’acqua alla gola per via di troppe scadenze troppo ravvicinate, per tutti quegli impegni che avrò quando la vita professionale riprenderà in pieno. Naturalmente ho approfondito lo studio del mio strumento, della tecnica e del repertorio, ma anche delle opere didattiche e dei trattati, che è un aspetto che mi ha sempre affascinato. Ho continuato a fare lezione di violino via Skype con i miei Maestri, e io stesso, tramite videochiamate o video registrati, ho fatto lezione ai miei allievi o mi sono confrontato in fase di studio con i miei amici e colleghi. Oltre a prepararmi per i concorsi e le audizioni per entrare in orchestra, sto anche studiando per il Concorso Ordinario Docenti per le scuole superiori di I e II grado perché ho sempre pensato che affiancare all’attività concertistica quella dell’insegnamento fosse una parte fondamentale dell’esperienza musicale, anche proprio per me stesso, per crescere e maturare come musicista e come persona. Vivendo da solo, questa quarantena è stata per me un’esperienza anche un po’ mistica, ho dato molto spazio all’analisi interiore e alla focalizzazione su me stesso, e ne ho approfittato per prendermi cura di me e dedicarmi anche ad altri interessi che ho al di fuori della musica, quali la lettura, il canto, il ballo, il cinema e lo sport. Il poeta romano Giovenale, nelle sue Satire, scriveva “mens sana in corpore sano”, e trovo che non ci sia nulla di più vero. Così come l’allenamento fisico, è importante anche la meditazione, e prendersi il giusto tempo per sedersi un attimo con calma e svuotare la mente. Per noi musicisti che siamo sempre in un costante stato di “performance” e che ci dobbiamo confrontare col pubblico, con la critica, con i nostri colleghi e soprattutto con noi stessi, è importante saper meditare e liberare la mente, in modo da restare sempre calmi e lucidi per quanto possibile. Trovo che anche solo imparare a fare alcuni semplici esercizi di respirazione e concentrazione possa tornare davvero molto utile. Attualmente sul piano musicale, a livello di studio, sto affrontando alcuni colossi del repertorio violinistico come il Concerto per Violino di Brahms op.77 in Re Maggiore, la terza sonata “Ballade” per violino solo di Ysaye, e alcuni capricci di Wieniawski, Gaviniès, Dont e Paganini. Sto anche studiando dei capolavori del repertorio quartettistico, il quartetto op.18 n.6 di L. V. Beethoven e il quartetto op.20 n.5 di J. Haydn, poiché a settembre li eseguirò in concerto col mio quartetto. Naturalmente nella mia preparazione c’è sempre un occhio di riguardo verso i passi orchestrali per le audizioni, perché bisogna essere sempre preparati e averli sempre sotto mano, e soprattutto verso le Sei Sonate e Partite per violino solo di J. S. Bach che a mio parere sono, assieme ai Capricci di Paganini, la parte più importante del repertorio violinistico poiché più di qualsiasi altra cosa consentono al violinista di tenersi sempre in forma e curare la tecnica e il suono. Per quanto riguarda la produzione, invece, sto seguendo l’organizzazione di alcuni concerti che dovrò tenere, a partire da settembre, in formazione di Trio col pianoforte e di Quartetto d’Archi, e sono in trepidante attesa della ripresa della stagione dell’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza in cui suono.
2. Ha proposto sue esecuzioni in streaming?
Il tema delle esecuzioni in streaming è controverso e delicato perché apre una questione politica e sociale sul significato e sullo scopo della musica, soprattutto la musica classica, e del musicista. Purtroppo bisogna considerare che nel nostro paese l’arte, l’istruzione e la cultura vengono sempre per ultimi, e soprattutto c’è una scarsa conoscenza effettiva del mondo dell’arte e dei lavoratori dello spettacolo. Il fenomeno sociale e culturale della musica dal vivo, il sentire un concerto dal vivo, o l’andare a teatro, è insostituibile e di fondamentale importanza, e le esecuzioni in streaming potrebbero costituire, nel nostro paese, un pericoloso precedente per limitare ancora di più lo spazio, già misero, lasciato all’arte. Dico “arte” in generale, ma a voler essere precisi, a mio parere, tra le arti, il mondo della musica classica è quello che ne esce sempre più bastonato anno dopo anno. Bisogna poi considerare che il suono dal vivo, le vibrazioni, le frequenze, la propagazione delle onde sonore, non sono replicabili dai dispositivi elettronici, per quanto sofisticati, e il totale coinvolgimento sensoriale ed emotivo e la sensazione del suono di un concerto dal vivo sono esperienze che perderebbero di significato se vissute unicamente attraverso uno schermo. Allo stesso modo, l’emozione e la suggestione date dalle cornici che sono i nostri meravigliosi teatri, rappresentano un rito e un’esperienza di vita unica. Ciò detto, non ho ancora proposto esecuzioni in diretta streaming, nel senso di veri e propri concerti interi in diretta, però all’inizio della quarantena ho fatto alcune dirette Instagram in cui ho parlato della tecnica violinistica suggerendo alcuni tra i miei metodi di studio per risolvere o affrontare eventuali problemi tecnici e chiedendo poi a mia volta opinioni o consigli in modo da prendere io stesso nuovi spunti e mettere a confronto idee e metodi diversi e approfondire ed ampliare in tal modo anche la mia visione. Ho poi pubblicato su Facebook e YouTube delle registrazioni di musica da camera “con me stesso”, facendo un lavoro di montaggio video. Ho registrato da solo la Sonata op.3 n.5 per due violini di J. M. Leclair e il Concerto n.2 per quattro violini di Telemann. Un lavoro molto amatoriale, per carità, registrato col telefonino, però ne sono stato molto soddisfatto. Insieme ad altri miei colleghi e cari amici, sempre a distanza e tramite montaggio video, ho registrato il Concerto per quattro violini in Si minore di Vivaldi.
3. Terminata l’emergenza COVID-19 a suo avviso il modo di fruire la musica dal vivo sarà lo stesso o sarà ripensato?
Personalmente spero venga ripensato e rivalutato. Da parte nostra, degli artisti, occorre fare molta più pubblicità e divulgazione, rendere alla portata di tutte le persone gli eventi musicali e culturali in generale, non solo perché vi sia la semplice partecipazione, ma anche perché chi partecipa possa essere messo nelle condizioni non solo semplicemente di partecipare ma anche di capire veramente cosa sta guardando o ascoltando. Dall’altro lato, però, sarebbe importante educare maggiormente all’ascolto e al bello, all’introspezione. Bisogna che questa quarantena ci insegni a prenderci delle pause, prenderci il tempo per ascoltare. È un mondo troppo veloce, questo, l’arte e la musica richiedono calma, sensibilità, ascolto e pazienza, ed è importante educare soprattutto le nuove generazioni a questo tipo di ascolto e di introspezione, che alla fine sono forme di comunicazione basilari e istintive, non richiedono azioni o parole, ma calma e ascolto. È quello che manca nella società moderna, una società veloce, fatta di parole semplici e veloci, e di botta e risposta, che precludono una vera e profonda comunicazione. Alla nostra società manca la capacità di comunicare perché non è più in grado di ascoltare per davvero. C’è una grande differenza tra “sentire” e “ascoltare”. Spero che questo virus abbia messo abbastanza in evidenza quanto, e per quanto tempo, in questo paese siano state messe in secondo piano l’arte e la cultura, e spero che si possa agire di conseguenza per recuperare e migliorare. Sicuramente su un semplice piano divulgativo, investire in un valido sistema per mandare in onda in diretta streaming gli eventi dal vivo, come fanno in America o nella maggior parte dei paesi europei cosicché tutti possano esserne fruitori, e in tal modo fare pubblicità o dare possibilità alle persone di ascoltare e conoscere la musica e al tempo stesso invogliarle ad andare a teatro e provare questa unica magica esperienza, potrebbe essere una buona cosa, ma detto questo a mio parere l’evento dal vivo non può e non deve in alcun modo essere sostituito.
4. Quale futuro lavorativo si prospetta per il settore e soprattutto i giovani interpreti dopo la pandemia?
Temo un futuro non molto roseo, ma non solo perché c’è stata una pandemia che ha complicato le cose, e non solo per i musicisti, ma per tutti i giovani in generale. Purtroppo viviamo in un mondo che promette la realizzazione dei sogni, perché al giorno d’oggi potenzialmente è tutto possibile, ma poi taglia le gambe con la realtà delle cose. Soprattutto nel nostro paese. Le orchestre e i teatri continuano a chiudere, le piccole realtà locali sopravvivono a fatica, nelle scuole e nei conservatori non ci sono posti, l’istruzione e la cultura vengono sempre all’ultimo posto e continuano a subire tagli su tagli, l’età per la pensione si alza sempre di più. È un po’ come sentirsi dire che in questo paese non c’è spazio per i giovani. L’età media si alza e la natalità diminuisce perché non c’è lavoro, e i giovani, anche volendo, non hanno modo di costruirsi e mantenere una famiglia. Per cui ci sono sempre più persone anziane e sempre meno giovani, e di conseguenza anche negli ambienti di lavoro non c’è un ricambio generazionale tale da consentire a noi giovani di trovare lavoro, se non con estrema fatica, oppure riducendosi ad accettare condizioni ai limiti della dignità. Tutto questo è molto amareggiante, dopo una vita di sacrifici, di studi e di fatiche, personali e delle famiglie. È facile perdere la motivazione in queste condizioni, ma bisogna continuare a credere fermamente nei propri sogni e fare il possibile per realizzarli, è l’unica speranza che abbiamo.
5. Vuole rivolgere un pensiero al pubblico dei concerti?
Senza pubblico la musica e il musicista perdono di significato, così come in generale gli esseri umani senza l’arte, la poesia e la letteratura, la musica e la cultura vivono male. Noi esistiamo grazie al nostro pubblico, e il pubblico ci cerca perché sappiamo toccare le corde dell’anima con una tale sensibilità e profondità da elevare l’ “umano” fino al “divino”. È un rapporto simbiotico. La più grande soddisfazione per un artista è sapere di aver toccato il cuore di chi lo ascolta.

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