#tempocalmo: 5 domande a musicisti in tempo di coronavirus: Riccardo Ghiani
Riccardo Ghiani , flautista - Primo flauto dell’orchestra della fondazione Teatro Lirico di Cagliari
1 - Come passa il suo tempo e di cosa si sta occupando sul piano musicale?
Viviamo in un'epoca che ci richiede velocità estrema in tutto ciò che facciamo. Anche nell'ambito della nostra professione ci viene richiesta un'incredibile prontezza di reazione. Suonare uno strumento richiede spesso dei riflessi che si possono paragonare alla guida di un veicolo velocissimo. Una quindicina di anni fa lessi uno studio fatto da un'università inglese che paragonava l'attività del musicista e, in particolare del musicista d'orchestra, a quella del pilota di formula uno, con l'unica differenza che loro, al contrario di noi, rischiano veramente la vita. Questa attività frenetica faceva sì, concludeva lo studio, che si registrasse, presso le prime parti delle orchestre prese in esame, un significativo consumo di “aiutini” quali alcool e betabloccanti. Ora, aldilà delle implicazioni tragiche che questa situazione pandemica ha prodotto, personalmente ne ho approfittato per imprimere un significativo cambio di velocità alla mia attività. Premetto che ho il privilegio di vivere con mia moglie in una casa indipendente, abbastanza grande e con un giardino interno, cosa che mi ha evitato qualunque sensazione claustrofobica o di saturazione. Vorrei approfittare dell'occasione che questa intervista mi offre per tessere l'elogio della lentezza e, perché no, da persona in fondo pigra quale io sono, dell'ozio. Come ci insegna il filosofo Bertrand Russell dovremmo lavorare per vivere e non il contrario. Ho cercato di migliorare la qualità del tanto tempo libero a mia disposizione, ho studiato la mia tecnica flautistica con più serenità, affrontando e analizzando eventuali problemi o insicurezze che inevitabilmente possono insorgere quando il tempo a disposizione per lo studio è ridotto al minimo. Ho affrontato nuove opere del repertorio, sentito via internet i miei allievi. Per il resto ho letto, ahimè cucinato e quindi mangiato, riordinato i miei libri e i miei hard disk e, ripeto, ho oziato.
2 - Ha proposto sue esecuzioni in streaming?
Devo ammettere che ho sempre avuto difficoltà a sentire le mie registrazioni soprattutto a ridosso delle esecuzioni. Molti particolari che, in qualunque esecuzione dal vivo vanno a far parte parte del passato nello stesso momento in cui avvengono, vengono dispersi nel vortice di magia che si crea nella performance dal vivo. Quante volte, finito un concerto durante il quale mi sono divertito, durante il quale ho avvertito una buona connessione spirituale con il pubblico e ho fluttuato in quella splendida sensazione che si prova quando si è sopraffatti dalla bellezza delle opere che frequentiamo - Stendhal insegna - ho fatto l'errore di ascoltarne subito la registrazione? La magia è spezzata, a volte si stenta a riconoscersi e si analizzano in maniera spietata tanti particolari che si sarebbero altrimenti affrontati. Raymond Guiot, mio punto di riferimento, ci esortava sempre ad analizzarci con la stessa severità riservata all'ascolto delle altrui esecuzioni e questo, ovviamente parlo per me, è spesso devastante. Tutto ciò per dire che no, non ho proposto mie esecuzioni in streaming. Ci ho provato, mi è stato richiesto, anche dal mio Teatro, ma, effettuate ed ascoltate le registrazioni, non mi sono sentito di diffonderle.
3 – Terminata l’emergenza COVID - 19 a suo avviso il modo di fruire la musica dal vivo sarà lo stesso o ripensato?
È evidente che almeno nell'immediato tutto sarà diverso. Le precauzioni che vengono indicate nei vari protocolli di sicurezza quali i famigerati DPI o il cosiddetto distanziamento sociale ci costringeranno a gestire diversamente sia l'esecuzione che la fruizione della musica dal vivo. Per fare un esempio, nel Teatro Lirico di Cagliari, uno dei primi a riprendere l'attività dopo il confinamento, stiamo effettuando delle prove per la preparazione di alcune registrazioni da trasmettere in rete. Ebbene noi strumentisti a fiato siamo separati gli uni dagli altri da pannelli trasparenti. Abbiamo inoltre analoghi pannelli di fronte a noi, il tutto con un vago effetto cabina doccia. Questo è ovviamente il prezzo da pagare per procedere quanto prima alla ripresa delle attività e dunque ad evitare gli ammortizzatori sociali ma è altrettanto evidente che questa mancanza di contatto con i colleghi crea problemi sonori, di intonazione e di insieme, la risoluzione dei quali richiede una supplementare dose di attenzione e soprattutto di pazienza da parte nostra e del direttore. Io sono comunque abbastanza ottimista in merito e credo che, esaurita o quantomeno affievolitasi la carica aggressiva del virus e gestite le inevitabili e giustificate psicosi collettive, la situazione potrà pian piano tornare alla normalità.
4 - Quale futuro lavorativo si prospetta per il settore e soprattutto i giovani interpreti dopo la pandemia?
Il settore deve pagare il prezzo dei tre mesi di inattività e delle precauzioni che dovremo necessariamente adottare nelle settimane future. Per quanto mi riguarda, ad esempio, tutte le masterclass che mi erano state richieste per la prossima estate sono state annullate e dunque perderemo queste belle e stimolanti occasioni di confronto e di vita in comune fra docenti e allievi. Per quanto riguarda i giovani mi permetterei di esprimere un suggerimento: approfittate del tempo che avete a disposizione, le armi più efficaci che avete sono appunto la giovinezza e l'energia. Buttatevi a capofitto nello studio, soprattutto lavorate con impegno e cercate un approccio alla musica il più onesto possibile, siate severi ed intransigenti con voi stessi. Il rischio per noi flautisti è la sindrome da primadonna, la relativa facilità meccanica del nostro strumento a volte ci fa perdere di vista il fatto che il flauto è solo uno strumento, un mezzo. Non è importante mostrare quanto siamo bravi o veloci, tanto da qualche angolino nascosto, quando meno ce lo aspettiamo, sbucherà un dodicenne cinese che esibirà qualità ancora più stupefacenti. Credo che l'importante sia mostrare a chi ci ascolta quanto è bella la musica che eseguiamo, godiamoci questo enorme privilegio, non è poco. E ricordiamo che non siamo artisti, noi siamo e dobbiamo essere degli impeccabili professionisti che ogni volta ridanno vita ad incredibili opere d'arte. Se poi la nostra esecuzione diventerà arte essa stessa non saremo certo noi a decretarlo, lo farà eventualmente chi ci ascolta. Il Talmud dice che chi salva una vita salva il mondo intero, ebbene io direi che chi affascina un nuovo spettatore affascina il mondo intero.
5 – Vuole rivolgere un pensiero/appello al pubblico dei concerti?
Voglio essere ancora ottimista, non credo che ci sia bisogno di rivolgere appelli al pubblico dei concerti se non quello generico alla prudenza dettata dalla situazione e dalle prevedibili restrizioni che ci saranno nelle prossime settimane. Da quanto vedo nei social i frequentatori dei concerti sono in evidente crisi di astinenza. A Cagliari, gli affezionati abbonati del nostro teatro ci manifestano continuamente la il loro supporto e la loro vicinanza. Sono certo che una volta riammesso il pubblico ai nostri concerti la partecipazione sarà entusiastica. Credo piuttosto che l'appello vada rivolto alle istituzioni perché mantengano e possibilmente incrementino in maniera incisiva il sostegno allo spettacolo dal vivo. Questo è uno fra i settori che, proprio per la sua caratteristica di manifestazione di massa, risentirà in maniera più pesante di questo periodo di crisi. Vorrei evitare la retorica ma sono certo che mai come ora sarà la bellezza a salvare il mondo.
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