#tempocalmo: 5 domande a musicisti in tempo di coronavirus: Michele Gori
Michele Gori , flautista jazz, docente al Conservatorio di Clermont-Ferrand
1 - Come passa il suo tempo e di cosa si sta occupando sul piano musicale?
Mi sto dedicando ad attività cui normalmente, a causa dei numerosi impegni, non sempre riesco a consacrare il tempo che vorrei: mi riferisco in particolare alla lettura, alla visione di film e documentari, alla meditazione. Sul piano musicale sto ovviamente seguendo “a distanza” i miei allievi della classe di jazz del conservatorio di Clermont-Ferrand, inoltre devo dire che studio molto. Avendo parecchio tempo libero ho la possibilità di organizzare i miei studi con calma e tranquillità, un aspetto che nella vita “normale” mi manca molto; oltre al flauto riesco a dedicarmi con assiduità anche agli altri strumenti che suono (in particolare pianoforte e basso elettrico) e ho avuto finalmente il tempo di approfondire le mie conoscenze di alcuni software musicali. Sto inoltre completando un’opera didattica per flauto jazz che sarà pubblicata nei prossimi mesi.
2 - Ha proposto sue esecuzioni in streaming?
Non in diretta streaming, al momento è una strada che preferisco non percorrere: credo sarebbe davvero strano suonare dal vivo e in diretta per un pubblico che sentirei “virtuale”; ritengo inoltre che servirebbero attrezzature professionali per garantire un’ottima resa audio e video, nonché la certezza di avere connessioni internet stabili e veloci. Ho invece registrato e caricato regolarmente sui social media delle mie performances: credo sia un buon modo per rimanere in contatto con tutte le persone che seguono la mia musica, e anche uno stimolo per creare dei contenuti nuovi.
3 – Terminata l’emergenza COVID - 19 a suo avviso il modo di fruire la musica dal vivo sarà lo stesso o ripensato?
A breve termine sarà inevitabile attraversare una fase “intermedia” in cui la musica dal vivo dovrà per forza adeguarsi alle esigenze di questa emergenza. Ma non credo che a lungo termine il modo di fruire la musica dal vivo possa essere ripensato: le sensazioni, le emozioni, il rapporto tra musicista e pubblico, insomma tutto quello che riguarda un’esecuzione dal vivo non potrà mai essere trasmesso “a distanza”, nemmeno dalla tecnologia più avanzata. E mi auguro che nessuno cercherà di farci credere il contrario, perché sarebbe drammatico.
4 - Quale futuro lavorativo si prospetta per il settore e soprattutto i giovani interpreti dopo la pandemia?
Io sono in genere una persona molto positiva, ma sarò sincero, sono piuttosto pessimista per il futuro lavorativo dei musicisti. Naturalmente spero di sbagliarmi, ma credo che ci aspettino tempi duri e che, soprattutto per i giovani interpreti, sarà ancora più difficile portare avanti la propria attività. Ogni crisi dovrebbe portare con sé il seme del cambiamento, ed io auspicherei per l’Italia una rivoluzione culturale in cui tutto ciò che è educazione, arte e cultura venga riconosciuto come prioritario per il benessere delle persone. Ho paura, invece, che ancora una volta le priorità saranno altre e il mondo artistico e culturale si ritroverà in condizioni ancora peggiori di quelle precedenti: temo un’ulteriore svalutazione del valore del nostro lavoro.
5 – Vuole rivolgere un pensiero/appello al pubblico dei concerti?
Credo che anche il pubblico, così come noi esecutori, senta molto la mancanza dei concerti. Musicisti e pubblico faranno ciascuno la propria parte nel lento processo di ripresa: sono sicuro che ci sia molta voglia di ritornare a vivere le emozioni di un concerto, di partecipare, di sostenere le iniziative che verranno. E magari questa esperienza servirà anche a creare dei legami più profondi, diretti e senza barriere, tra interpreti e spettatori.
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