#tempocalmo: 5 domande a musicisti in tempo di coronavirus: Onorio Zaralli
Onorio Zaralli , flautista
1 - Come passa il suo tempo e di cosa si sta occupando sul piano musicale?
Non c'è dubbio che la situazione che siamo costretti a vivere abbia cambiato le nostre abitudini, stravolgendo molti dei nostri programmi. Tuttavia, potremmo tentare di intravedere – se possibile – qualche aspetto positivo: il rallentamento forzato dei ritmi delle nostre giornate ci ha permesso di pensare di più a noi stessi. Tradotto in concreto significa: più studio, più concentrazione; ideazione di progetti nuovi, da realizzare non appena questo brutto momento sarà passato. Sul piano musicale ho ripreso un repertorio che avevo lasciato da tempo: in particolare le meravigiose Sonate di Benedetto Marcello che, riviste oggi, dopo tanti anni, mi sembrano ancora più belle e interessanti da scoprire. Il Barocco italiano ha davvero qualcosa di magico... Oltre a questo, continua il mio interesse sulla produzione di Leonardo De Lorenzo, sia per quanto riguarda gli studi che per quanto concerne le composizioni per flauto.
2 - Ha proposto sue esecuzioni in streaming?
No, non in streaming... in rete però ci sono tantissime mie registrazioni di concerti dal vivo, home-recordings, video di storia della musica o sulla tecnica flautistica, in italiano e in inglese. La rete, da questo punto di vista, è uno strumento potentissimo, una opportunità per chi voglia mettersi in gioco e proporre cose che possono magari risultare interessanti anche ad altri. Non solo una “vetrina”, dunque, ma anche una bilioteca planetaria a cui poter accedere liberamente.
3 – Terminata l’emergenza COVID - 19 a suo avviso il modo di fruire la musica dal vivo sarà lo stesso o ripensato?
Deve necessariamente essere ripensato. L'esperienza che stiamo vivendo ha portato alla luce tutte le fragilità di un sistema che era “forte” soprattutto perché tecnologicamente assistito. Ma è bastato un virus invisibile per mettere in ginocchio, per paralizzare la società intera, l'economia, la cultura e – dunque – anche il mondo dello spettacolo, che ne ha risentito fortemente. L'arte, la cultra, lo spettacolo che potrebbero essere i cardini dell'economia del Paese Italia, vanno dunque rivisti, riorganizzati, in un quadro anche istituzionale. La cultura, insomma, può e deve diventare il motore della economia italiana.
4 - Quale futuro lavorativo si prospetta per il settore e soprattutto i giovani interpreti dopo la pandemia?
I giovani vanno supportati dai governi. Costantemente. I giovani sono la parte “sana” della società, rappresentano il futuro, la generazione nuova. Non si possono lasciare soli a se stessi. Lo Stato deve avere il coraggio di investire sui giovani, sulle loro professionalità, sui loro talenti. Altrimenti la società che si prospetta non avrà alcun orizzonte. E non è vero che l'arte e la musica non “paghino”. Ma occorre intelligenza al potere. Intelligenza e coraggio. Abbiamo i teatri più belli, le biblioteche musicali più ricche: ogni palazzo, ogni chiesa, ogni giardino può trasformarsi in una location per concerti. L'importanza di saper cogliere queste opportunità per collegarle ad iniziative di più largo raggio non dovrebbe essere difficile da capire. E questa sarebbe una economia nuova, pulita, di tutt'altro stile. Una vera e propria Italian way all'economia.
5 – Vuole rivolgere un pensiero/appello al pubblico dei concerti?
Certo. Intanto di non smettere di ascoltare la buona musica. Poi di supportare gli artisti, i più giovani soprattutto, incoraggiandoli con la presenza ai loro concerti. Suonare in una sala piena è tutt'altra cosa che suonare in un teatro semivuoto. Il pubblico non deve mai smettere di pensare che dietro un'ora di musica ci sono anni di studio, di passione, di sacrificio... Suonare il flauto, o cantare, o comporre un quartetto, può sembrare in apparenza una attività – come dire – di svago: ma non è così. Nessuno potrà mai immaginare quanto sudore scorre dentro lo smoking o quanta sofferenza sia nascosta dalle scarpette di una ballerina.
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