#tempocalmo: 5 domande a musicisti italiani in tempo di coronavirus: Riccardo Vaglini

Riccardo Vaglini compositore
1 - Come passa il suo tempo?
È il tempo a passarmi addosso. Da un punto di vista pratico, ingurgito Xanax e pasticche, guardo la tivvù e dormo, dormo, dormo: prima dei TG, dopo i TG e, in occasione di statistiche sul Covid-19 eccessivamente indigeribili, anche durante. Insonne incallito, ora dormo anche di notte. Quando mi sveglio mangio perché ho sempre fame, quindi ingrasso. Le rare volte che vado a fare la spesa al supermercato mi aggiro a zigzag tra i banchi come un ratto che spera di cavarsela. Passato il primo entusiasmo per canzoni e applausi da finestre e terrazze, ho sviluppato un forte fastidio per tutto il turbine streaming di concerti, lezioni, consigli e interviste in diretta dai tinelli di casa con le facce da selfie e per tutto il bla-bla sul lavoro a distanza che trovo pochissimo smart, un po' perché non è che questa tecnologia dell'iperconnesso funzioni tanto bene, un po' perché provo una strana esigenza di stare in silenzio, come persona e come musicista. Ma poi, il vero motivo è che, a causa della pandemia, mi sono trovato bloccato per due mesi dai miei (che ero andato a trovare pensando di rimanerci due o tre giorni), senza i miei libri, i miei dischi, il mio pianoforte, e con i giga del telefonino, stante l'abuso di whatsapp e youtube dei primi giorni, spariti dalla circolazione. Però, ora che ho riguadagnato casa, a parte una malinconica nostalgia dei miei, sarà tempo di uscire dal letargo, orsù, forse.
2 - Di cosa si sta occupando?
Mi occupo, anche se non quanto sarebbe necessario, dei miei studenti di composizione via email ma non sono ancora pronto a scrivere qualcosa di mio o a toccare il pianoforte (strano, dopo averlo agognato così a lungo). E ho sempre di fronte una sensazione sinistra dovuta all'idea che il rischio del contagio sarà la lente attraverso cui guarderò il prossimo. Mi preoccupa la disumanità che verrà e le mistificazioni che tenteranno di farmela passare da progresso. E con la mascherina soffoco, m'immagino le fibre di poliestere che mi vanno giù nei bronchi.
3 - Cosa propone di vedere e ascoltare della sua musica?
Qualcosa di vecchio, di nuovo ho zero: penso a un breve brano pianistico scritto nel 2012 su sollecitazione di Orietta Caianiello in memoria dell'amico e collega Antonio Sardi de Letto, un pianista dal tocco di una volta. Il titolo è Minuscolo e irragionevole ghirigoro: sono solo due paginette, la prima cruda e la seconda rassegnata, già incise per un disco antologico di prossima uscita per l'etichetta Terre Sommerse.
4 - E della musica in genere?
Resomi conto che delle duecento e passa cantate di Johann Sebastian Bach ne avrò ascoltate una trentina in tutto e conosciute un po' meglio una quindicina appena (che vergogna, che vergogna, che vergogna!), ho cominciato ad ascoltarle sistematicamente e ripetutamente, BWV per BWV, ma all'indietro, come quando leggo il giornale, nell'interpretazione della Netherlands Bach Society.
5 - Qual è il colore della musica?
Il colore della musica non è uno, ma tanti, tutti quelli del tramonto.
Infine, qual è la composizione che ha cambiato la sua vita?
Una composizione che ha cambiato (aggiungo: di recente) la mia vita? Direi proprio una cantata di Bach, la BWV 105, Herr, gehe nicht ins Gericht , il corale finale (“Ora so che Tu calmerai i tormenti della mia coscienza”): mi sono sorpreso a pensare che se l'avessi ascoltato quando ero giovane, e se mi avesse colpito allora come oggi, chissà, forse avrei scritto in un altro modo. Chi sta leggendo queste righe magari sorriderà del mio zelo, tipico cocktail di entusiasmo e ignoranza; però, il rallentare progressivo degli archi che emerge alla percezione solo nelle pause del coro alla fine di ogni versetto, prima quattro note per movimento, poi tre, poi due, poi (commovente perturbazione!) ancora due ma in trocheo, lunga-breve, e poi finalmente una sola, ecco, non so spiegarmi, ma mi sono messo a pensare a quanta efficacia (“efficacia” non è la parola giusta, non ne trovo altre: “bellezza”?) è andata sbiadendo assieme alla semplicità. Tutto qui.

© Cidim