#tempocalmo: 5 domande a musicisti italiani in tempo di coronavirus: Sandro De Palma
Sandro De Palma, pianista
1 - Come passa il suo tempo e di cosa si sta occupando sul piano musicale?
Noi musicisti stiamo vivendo una realtà difficile anche da descrivere. Personalmente non mi pesa tanto lo stare a casa, quanto l’incertezza di come e quando potremo riprendere l’attività musicale, così come l’abbiamo conosciuta fino al 7 marzo 2020. Oltre alla mia attività concertistica, che naturalmente è stata sospesa, organizzo il Festival “I Bemolli sono Blu” a Viterbo. In questo momento nulla appare chiaro e questo progetto, avviato tre anni fa con energia e impegno, in una città tanto bella quanto povera di stimoli culturali, è sospeso. Per l’insegnamento ho adottato la modalità di didattica a distanza con enormi difficoltà, sia da parte mia, sia degli allievi. Insegno pratica pianistica al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma: siamo impreparati a fronteggiare la situazione e abbiamo dovuto organizzarci alla meglio con mezzi personali, per la maggior parte inadatti all’insegnamento a distanza di uno strumento. Abbiamo comunque fatto del nostro meglio, con grande disponibilità, flessibilità e generosità. Il mio tempo a casa lo impiego per leggere opere al pianoforte, studiare nuovi brani, ascoltare vecchie registrazioni soprattutto di artisti del passato. In un momento come questo ho comunque fondato una etichetta discografica. Non so che futuro avrà la musica, ma spero di poter lasciare una traccia degli artisti di oggi in cui credo.
2 - Ha proposto sue esecuzioni in streaming? Non ancora, ma mi sto organizzando. Per alcuni aspetti mi trovo in una situazione di privilegio: ho uno splendido pianoforte Steinway da concerto e abito in una casa molto particolare. Purtroppo l’accordatore, al momento, non può venire, ma non appena sarà possibile voglio poter offrire esecuzioni in streaming a chi vorrà seguirmi.
3 – Terminata l’emergenza COVID 19 a suo avviso il modo di fruire la musica dal vivo sarà lo stesso o ripensato?
Ho sempre vissuto il concerto come un momento di profondo scambio emotivo tra me e il pubblico, quindi credo che il modo di “fare musica” sarà ripensato sul breve/medio termine, ma finita questa fase, spero che la voglia di condivisione, anche espressa dalla presenza fisica, che un concerto porta con sé, prevalga su tutto il resto.
4 - Quale futuro lavorativo si prospetta per il settore e soprattutto i giovani interpreti dopo la pandemia?
Difficile rispondere a questa domanda. Il settore musicale era già in crisi e la pandemia l’ha solo resa più evidente. Dal mio punto di vista, molto dipenderà, da un lato, dalla capacità di ciascun artista di credere in se stesso e nel messaggio che vorrà offrire, e dall’altro, su quanto la nostra società voglia investire nel valore della cultura e dell’arte.
5 – Vuole rivolgere un pensiero/appello al pubblico dei concerti?
A mio avviso, al pubblico non si possono rivolgere appelli. Non si può chiedere ad alcuno di sentire l’esigenza di andare ad un concerto. Voglio leggere questa pandemia, che ci ha costretto anche a fermarci, come una cartina di tornasole che possa farci riscoprire la necessità di emozionarci. Se questa esigenza sarà davvero sentita da molti, allora avremo le sale da concerto piene. Questo è il mio sogno e la mia speranza.