Intervista tripla a Domenico Turi / Federico Capitoni / Andrea Ceraso in occasione di Non è un paese per Veggy
Parliamo del titolo: come vi è saltato in mente? Ha qualcosa in comune col film dei fratelli Coen? Cosa intende stimolare nell'immaginario del pubblico? Anche a quello abituato a titoli seri, evocati dalla mitologia o dalla storia, se ritenete che ci sia pubblico e pubblico.


Domenico Turi
: Il titolo è arrivato prima di tutto! Non si poteva iniziare a scrivere nulla se l’opera non avesse avuto un titolo, un super titolo! Dopo un’infinità di tentativi è arrivato così, dal nulla e racchiudeva in sè, tutto quello che avevamo in mente!
Federico Capitoni : Mi è venuto durante uno scambio di idee con Domenico. Si sa: un titolo tira l’altro. Con i Coen condivide soltanto l’assonanza, il gioco di parole. Detto questo, però, il messaggio – anzi, uno dei messaggi – dell’opera è che il paese in cui Veggy vive non faccia per lui.
Andrea Ceraso : ————

Cosa desiderate consegnare al pubblico che vi ascolterà?
Domenico Turi : Premettendo che durante le due serate romane, un paio di cose le consegneremo sul serio, cose vere, e non chiacchiere, mi piace l’idea di consegnare una musica “contemporanea” lontana dall’immaginario comune, una musica capace di far ridere ma anche di far incaz.., disturbare e irritare qualcuno!
Federico Capitoni : Anzitutto si vuole far ridere il pubblico, poi metterlo – attraverso luoghi comuni e cliché - davanti alle cose come stanno, e cioè che spesso anche nei luoghi della cultura vige un atteggiamento retrogrado e sottomesso ai gusti della massa.
Andrea Ceraso : Dietro il tragico e grottesco può celarsi il “nostos” (dal greco antico, sta per 'ritorno', ndr) della verità perduta, di quel punto della vita da cui tutto poteva ancora essere e da cui qualcosa è andato storto, portato via dall'onda becera del “così fan tutti”. Nella sua inesorabile velocità il dramma di Veggy ci sorprende come un sogno improvviso e sudato, al termine del quale può però esalare anche il sapore remoto di un'emozione appena intuita, candore di un'onestà perduta.

Quale visione descrive la composizione? E la sua interpretazione?
Domenico Turi : La composizione musicale si basa su più livelli dove ho cercato di far convivere linguaggi diversi contemporaneamente, con repentini passaggi e cambiamenti, quasi circensi. Mentre scrivevo ho pensato al mondo cinematografico,non per le musiche, ma per le sequenze di fotogrammi, inquadrature che cambiano costantemente, così nei momenti non canonici dell’opera, come quelli delle arie, duetti e cavatine che non mancano, la parte affidata alla narrazione è una specie di recitativo nevrotico! Poi voglio dire che quest’opera porta con sè una componente umana incredibile, ogni personaggio musicalmente è stato cucito sui sei cantanti di questa avventura, non solo ottimi professionisti, ma anche degli amici meravigliosi che si sono resi disponibili per questo progetto a prescindere dalla possibilità di una sua realizzazione, quindi spero di aver portato un pò di ognuno di loro all’interno della partitura!
Federico Capitoni : ————
Andrea Ceraso : Paradossalmente qualsiasi cosa acquista una forza espressiva quando si trova sospesa sul confine tra l'essere e il non essere. Così in quest'opera ho posto particolare attenzione nel “difendere" i momenti lirici, gli istanti di purezza rubati alla volgarità, piccole oasi di speranza la cui espressività vive del loro stesso essere indifese. Tutto il resto è tempo che scorre veloce e inesorabile ci travolge tutti: in una parola sola, carne.

Parliamo di suoni / parole: qual è l'approccio compositivo / stilistico / interpretativo di quest'opera rispetto all'esperienza artistica che avete maturato fino ad oggi? E nel contesto della vostra collaborazione musicale?
Domenico Turi : L’idea principale è stata quella di portare il quotidiano, il 2017, il trash che ci circonda, all’interno di un’opera. Nella mia esperienza compositiva ho avuto modo di scrivere in vari stili e per varie occasioni, non solo accademiche. In quest’opera c’è un pò di tutto e anche se la parola può sembrare negativa, spero sia un bel minestrone, se fatto bene è buono e salutare! Ahahah…
Federico Capitoni : Il tentativo è di coniugare i linguaggi operistici con quelli che normalmente sono estranei al mondo della lirica: dal punto di vista verbale con l’utilizzo di termini di uso quotidiano e la battuta volgare; da quello musicale con l’inserimento di stili pop quali il jingle, la canzone, il rap.
Andrea Ceraso : E' la mia prima opera panettone, ovviamente, non esistendone altre nella storia! Ad oggi il repertorio che ho più frequentato è quello contemporaneo, spesso concettuale, sperimentale, ma mai ho affrontato una partitura con tanti stili giustapposti, così vivace e audace nel farsi portavoce di una reale contemporaneità.

Quale missione sentite per la musica / parole che scrivete / interpretate in una società smart come quella del tweet al posto dell'idea, del touch al posto della penna, di instagram al posto del concetto?
Domenico Turi : In una società come quella di oggi, io penso che la musica, ma l’arte in generale deve riportare l’individuo in armonia con se stesso e con il mondo che lo circonda, deve sviluppare la percezione sensoriale ed emotiva.
Federico Capitoni : La missione è sempre la stessa: la musica resta il veicolo più elevato per unire pensiero e sentimento. Se quest’opera farà pensare e allo stesso tempo ridere - il divertimento è l’emozione principale che vogliamo far passare -, avremo centrato l’obiettivo.
Andrea Ceraso : Credo che la musica debba insegnarci a tornare alla “lentezza”, al tempo fisiologico dell'interiorità. Oggi essa stessa risente del ritmo della comunicazione attuale, frammentata e immediata, privata di quella polpa che solo il tempo della maturazione di un frutto può darci. Non a caso l'opera che portiamo in scena fa della velocità il suo tratto distintivo per tratteggiare in un atto unico senza soluzione di continuo la caricatura di certa piccolezza umana, quasi in un gesto veloce di matita. Nel mio ruolo di direttore e interprete credo però sia possibile e necessario, all'interno di qualsiasi frammentazione o inesorabilità ritmica, donare ad ogni parola e ad ogni suono il suo tempo, necessario alla piena espressione del suo senso.

Ci vediamo per questo appuntamento del Festival di Nuova Consonanza al Teatro Palladium di Roma sabato 2 alle ore 21.00 o domenica 3 dicembre alle ore 18.00 per ridere e riflettere con "Non è un paese per Veggy". Caterina Santi e Anna Rita Pappalardo