| Foto: Ildebrando Pizzetti |
Daniele Gatti giovane musicologo omonimo del più maturo direttore d'orchestra, ci propone, e volentiamo segnaliamo, uno scritto estratto dal lavoro di tesi specialistica universitaria su Poesia e Musica: le liriche di Giuseppe Ungaretti nell'interpretazione musicale di Ildebrando Pizzetti.
Trasfigurazione musicale. Pizzetti interpreta Ungaretti.
Nel lavoro di questi due grandi artisti italiani, poesia e musica hanno un forte legame: Ungaretti ha cercato il ritmo e la musica nella verso; Pizzetti ha espresso un'abilità costante nelle soluzioni d'elaborazione nella parola. La musica per il poeta e la poesia per il musicista hanno determinato un comune campo di sperimentazione che non ha tardato a mostrarsi in un sodalizio artistico.
Il pretesto fu la pubblicazione nel 1933 della raccolta Sentimento del Tempo scritto da Ungaretti. La lettura de La Pietà, una della poesia della raccolta, aveva impressionato così profondamente Pizzetti che, in una lettera ad Ungaretti, così scriveva: “Non so se è la più bella, ma è certamente quella che più mi ha toccato”. Nasceva, in questo modo, l'ispirazione e l’idea di mettere in musica anche un’altra poesia di Ungaretti, Trasfigurazione.
Accanto all'analisi musicale, di notevole interesse, si sono sovrapposti gli elementi musicali a quelli prosodici, sottolineando le scelte operate dal compositore per permettere la rinascita dello spirito del testo attraverso la modulazione sonora. Preminenti sono alcune questioni teoriche ma anche performative: l’approccio del lettore al testo scritto l’osservazione della differente resa musicale; i problemi, spesso insoluti, del “dicitore” nel rendere sonoro il componimento poetico; la difficile impresa del musicista di restituire, dal suono al senso, l’emozione durevole di un’opera d’arte pur non dimenticando, con Wilde, che la bellezza finisce la dove inizia l’intelletto.
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