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INTERVISTE
#tempocalmo: 5 domande a musicisti in tempo di coronavirus: Elena Ricci
1 - Come passa il suo tempo e di cosa si sta occupando sul piano musicale? Il lockdown ha portato nella vita di tutti noi artisti un vuoto cosmico, che chi più chi meno ha tentato di riempire affinando la propria tecnica musicale, studiando opere che per mancanza di tempo sono state trascurate o addirittura mai guardate, e perché no godendo anche dell’inevitabile grande quantità di tempo libero riscoprendo passioni nascoste come cucina, lettura, cinema o sport. La mia quarantena l’ho passata così, leggendo brani di repertorio mai studiati o approfondendone altri studiati anni fa, facendo sport e lunghe passeggiate immersa nella splendida natura della mia terra, l’Abruzzo, e passando più tempo con la mia famiglia, il tutto intervallato da una lezione online e l’altra. Dal punto di vista musicale sto attualmente frequentando (a distanza) il Master di II livello in ottavino presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano con il Maestro Nicola Mazzanti; la maggior parte delle lezioni si è svolta nella modalità a distanza, ed è inutile dire che non è stato lo stesso, ma l’impegno che c’è stato nel garantire una continuità (con tutti i limiti del caso) è stato notevole; è stato necessario attrezzarsi con microfoni, schede audio, Zoom, Skype, Microsoft Teams e tutta una serie di accorgimenti di trasmissione audio al fine di poter usufruire al meglio di questa unica possibilità di poter continuare a fare le lezioni, e di poter quindi continuare a fare musica. 2 - Ha proposto sue esecuzioni in streaming? No, non ho proposto nulla se non un piccolo video ironico con il mio Quintetto di fiati Ellet. Ad oggi non abbiamo la possibilità di poter garantire virtualmente un concerto come fosse dal vivo, questo perché in primis non abbiamo, purtroppo, la potenza tecnologica che possa permettere una trasmissione musicale di qualità eccelsa se non con attrezzatura da studio di registrazione, che di per se ha un costo piuttosto elevato, e in secondo luogo perché manca totalmente l’aspetto emozionale insito nel concetto di fare musica, nonché l’emozione di poter suonare di fronte ad un pubblico, che non potrà mai essere rimpiazzato da una telecamera. 3 – Terminata l’emergenza COVID - 19 a suo avviso il modo di fruire la musica dal vivo sarà lo stesso o ripensato? Onestamente parlando, spero proprio che si possa tornare a fruire dell’esperienza musicale, di qualunque genere essa sia, nella maniera più naturale e serena possibile, sia dal punto di vista del musicista sul palco che del pubblico in sala; la musica è comunicare emozioni e le misure restrittive attualmente vigenti rappresentano un limite per la comunicazione musicale. Tuttavia credo che, allo stato attuale delle cose, un ridimensionamento delle modalità di fruizione musicale sia inevitabile per poter garantire il proseguimento delle attività. 4 - Quale futuro lavorativo si prospetta per il settore e soprattutto i giovani interpreti dopo la pandemia? Da giovane interprete mi piacerebbe saperlo. Purtroppo credo che nessuno possa veramente dire cosa ci aspetta. Chi mi conosce sa che sono una persona positiva, e personalmente credo davvero che pian piano si possa tornare a far musica in serenità e che per noi giovani musicisti si possa delineare un futuro più roseo, seppur con tutte le difficoltà del caso. Non sarà di certo facile, ma bisogna avere fede, tenacia e molta voglia di fare musica. 5 – Vuole rivolgere un pensiero/appello al pubblico dei concerti? Adesso che i teatri stanno riaprendo, noi tutti cominciamo a vedere un barlume di speranza, ma la vera speranza è quella di vedere il nostro pubblico in sala, seppur in quantità ridotte. Un artista non è niente senza il suo pubblico. © Cidim |