INTERVISTE



Intervista a Giusy Caruso
Giusy Caruso, è pianista concertista italiana che vive a Bruxelles e, da poco, anche dottore di ricerca nelle arti (prassi esecutiva pianistica del repertorio contemporaneo), titolo conseguito presso il Conservatorio Reale e Università di Ghent, Belgio (School of Arts of Ghent). All’estero, la Caruso realizza un percorso di ricerca nelle arti che in Italia è ancora in via di sperimentazione. Prodotto di questo suo lavoro è l’interpretazione integrale dei 72 Studi Carnatici per pianoforte del compositore francese Jacques Charpentier (1933-2017). L’incisione live - pubblicata di recente per l’etichetta discografica americana CENTAUR RECORDS - è stata interamente registrata durante un concerto storico, Hommage à Jacques Charpentier, che la Caruso ha tenuto in un pomeriggio denso di musica (3 ore di esecuzione) nell’Auditorium del Conservatorio di Carcassonne, il 26 Novembre 2016, alla presenza dello stesso compositore che era ancora in vita. La stampa francese dedica parole di elogio sull’esecuzione della pianista italiana, così come si legge su L’Indépendant nell’articolo del 27 Novembre 2016 firmato da Pierre Meunier: “tra le dita della Caruso il pianoforte diventa un altro strumento… arrivando a far ascoltare il suono delle stelle”.

Come nasce il suo incontro con la musica di Jacques Charpentier? Ho scoperto i 72 studi carnatici per pianoforte svolgendo un progetto di ricerca dedicato ad Olivier Messiaen, che fu maestro di Jacques Charpentier al Conservatorio di Parigi. Questa gigantesca opera, lunga 3 ore, mi ha subito colpita per il suo particolare legame con la tradizione musicale del Sud dell’India, chiamata appunto carnatica. La musica carnatica presenta una serie di modi suddivisi in un sistema di 72 scale (Melakartha ragas). Charpentier ha composto gli studi utilizzando tutte le 72 scale carnatiche, così come Bach fece nel Clavicembalo ben Temperato con le scale del sistema tonale. Di questa opera non esiste ancora una tradizione interpretativa. E’ questo il motivo che mi ha indotto a svolgere un vero e proprio lavoro di ricerca in cui ho coniugato analisi musicologica della partitura e analisi della mia performance, approfondendo conoscenze sulla teoria e la prassi esecutiva della musica indiana con il compositore e altri musicisti.

Il percorso di ricerca artistica in Italia è ancora in via di sviluppo, come è riuscita a realizzare questo progetto all’estero e quali prerogative implica? La ricerca artistica è il più alto livello di formazione che presuppone un lavoro metodico di riflessione, di analisi e di approfondimento sull’atto creativo, inteso come produzione di performance o di opere d’arte. In Italia non esiste ancora un percorso di ricerca artistica istituzionalizzato nei Conservatori e nelle Accademie delle Belle Arti. Al momento sono stati attivati dei progetti, in via sperimentale, solo nei Conservatori di Milano, Firenze e Roma.
Io ho imboccato questa strada attraverso una serie di coincidenze. Dopo il mio diploma in pianoforte, la laurea in Filosofia in Italia e i vari corsi di perfezionamento pianistico all’estero, tra Austria, Germania e Olanda, negli anni 2004-2006 sono stata selezionata per prender parte ad un progetto di ricerca sperimentale al Conservatorio di Rotterdam. Da questa esperienza è nata la mia grande passione per il campo di ricerca sulla performance che mi permette di coniugare attività concertistica e gli studi di filosofia e psicologia della musica, specificatamente la branca del cognitivismo musicale che si occupa di analisi sulla performance. A Rotterdam mi sono focalizzata su un lavoro dedicato al compositore Olivier Messiaen studiando l’influenza della musica indiana sul linguaggio musicale Occidentale contemporaneo, e così ho scoperto l’opera di Charpentier.
La volontà di perfezionarmi sulla musica del nostro tempo mi ha spinta anche a frequentare il Post-Master di perfezionamento pianistico su repertorio contemporaneo al Conservatorio Reale di Ghent. Nello stesso periodo ho avuto la possibilità di ottenere dall’Università di Ghent una borsa di studio del governo fiammingo per il dottorato di ricerca artistico sotto la tutela del prof. dr. Marc Leman, musicologo belga, studioso dei processi del coinvolgimento corporeo (embodiment) nella performance. Grazie ad un insieme di competenze specifiche che ho maturato negli anni, la ricerca artistica si è così trasformata per me in una opportunità di lavoro all’estero. Il lavoro di dottorato di ricerca nelle arti presuppone non solo un alto profilo artistico, ma anche capacità di elaborazione sistematica di proposte creative e di itinerari di studio finalizzati alla produzione artistica e allo sviluppo di nuove conoscenze, così come avviene per qualsiasi altro dottorato universitario.

Quali sono stati i risultati della sua ricerca artistica sull’opera di Charpentier? Ci parli anche del rapporto con il compositore che ha conosciuto personalmente in questi anni? Essere interprete della musica del mio tempo mi affascina molto perché penso che per un musicista, lavorare al fianco del compositore, sia un privilegio unico. Affrontando in passato il repertorio dei grandi della classica come Mozart, Beethoven, Chopin, Liszt, mi sono sempre chiesta come sarebbe stato ancora più stimolante divenirne interprete nella loro contemporaneità. E’ questo un aspetto dell’interpretazione della musica colta contemporanea che trovo unico, cioè diventare portavoce non solo delle opere dei compositori del novecento, ma contribuire anche alla diffusione di nuove composizioni di autori viventi. Ciò mi consente di arrivare fino ad estreme sperimentazioni con la soddisfazione di essere il tramite di un linguaggio nuovo, che si sta evolvendo. L’esperienza con Charpentier mi ha fatto toccare con mano un pezzo di storia. Lavorando nel suo studio di Carcassonne in Francia, ho avuto la possibilità di consultare manoscritti e visionare documenti firmati dai più illustri personaggi. Conservo ancora le foto di alcune certificazioni firmate da Olivier Messiaen e di lettere del musicologo Alain Daniélou, esperto di musica indiana, con il quale Charpentier ha avuto una fitta corrispondenza. Durante i miei viaggi a Carcassonne ho condiviso interessanti discussioni anche con altre personalità del mondo musicale francese che frequentavano casa Charpentier, come la musicologa Brigitte François-Sappey, che dopo il concerto del 26 Novembre 2016 ha rilasciato un lusinghiero commento pubblicato come nota introduttiva al mio CD sui 72 studi Carnatici.
Charpentier si è rivelato un maestro rigoroso, ma anche un uomo di profonda umiltà, rispettoso della visione dell’interprete e aperto alla condivisione di idee. Dalla nostra collaborazione e dalla mia ricerca sono nati articoli musicologici, la mia tesi di dottorato e questa mia incisione live dei 72 studi. In più, la collaborazione con esperti di musica indiana ha dato vita al mio progetto Re-Orient, una performance interdisciplinare basata sulla fusione di alcuni degli studi carnatici di Charpentier e libere improvvisazioni di danza e musica indiana (canto e percussioni).

Dopo questo suo dottorato di ricerca cosa farà? Vede il suo futuro in Italia o all’estero? Sicuramente in Belgio ho trovato delle possibilità che, come spiegavo, l’Italia ancora non offre. Andrò avanti con il lavoro di ricerca artistica perché ho già nuovi progetti su Bruxelles e Ghent, ma considero anche la possibilità di mettere a servizio dell’Italia queste mie nuove competenze aiutando altri giovani musicisti che desiderano intraprendere questo stesso percorso e che, spesso, hanno difficoltà nella strutturazione iniziale di una proposta di ricerca di dottorato o nel trovare delle istituzioni di riferimento all’estero.

Quali sono dunque i nuovi progetti in cantiere? Come interprete ho all’attivo nuove collaborazioni con compositori di fama internazionale per la sperimentazione di nuove composizioni che prevedono l’utilizzo della tecnologia nella performance pianistica. Da questo approccio, ho elaborato un itinerario di ricerca che mi permette di essere un interprete proiettata verso il futuro, ma sempre attenta alla tradizione del passato, alla fusione di stili, di arti e culture musicali. Tutte le novità saranno presto sul mio sito www.giusycaruso.com.
di Anna Rita Pappalardo
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