INTERVISTE



L’inventario di Alessandro Melchiorre raccontato in forma di duetto: ne parlano le due voci del compositore e di Francesco Bossaglia che lo eseguirà dirigendo laVerdi il 6 febbraio 2018
I nomi, le voci dell’inventario: suggestioni? ispirazioni? citazioni? La parola ad Alessandro Melchiorre.
Inventario - commissione dell'Orchestra Verdi di Milano: evviva! - è una parola che può aver due significati: uno, quello più comune, è quello che conduce a inventariare e consiste nell’elenco di un insieme di oggetti: “rilevazione, enumerazione e descrizione di singoli oggetti, documenti o beni esistenti in un momento determinato in un dato luogo…”; al contempo può mantenere un significato più letterale - ma forse più stimolante - di insieme delle invenzioni, delle potenzialità inventive… un po’ come l’immaginario è da un lato qualcosa che si immagina, che non esiste nella realtà, ma d’altro canto è anche “…l’insieme di simboli e miti, di immagini, che dimorano nella cultura di un popolo…”.
La materia dell’invenzione ovvero la ri-creazione: ci parli delle tecniche di costruzione?
Inventario è un elenco di cose che prepara, da un lato, alla conservazione e, dall’altro, all’invenzione; la memoria per il futuro, la risonanza del passato per l’aura del nuovo.
Il mio Inventario è anzitutto una raccolta, una sintesi forse, del mio modo di scrivere, sino ad oggi; ma vuol essere anche un dialogo sempre più esplicito dei miei cliché, delle mie ossessioni - a esser generosi del mio stile - con ciò che più mi ha segnato, che più mi fa venir ancora voglia di scrivere. In Inventario vi sono tracce, o meglio, miei ricordi, mie letture, suggestioni e reperti, mai citazioni letterali, di Schubert, Sibelius, Boulez, Grisey, Kurtag…
É diviso in due parti segnate da un andamento simile: dopo un inizio agitato (non ci si lasci ingannare dai placidi accordi iniziali) in cui l’orchestra viene divisa in gruppi alternatim, momenti più cameristici, che vedono protagonisti concertanti flauto, clarinetto, violino e pianoforte, si coagulano - da un Adagio - verso una allure più sinfonica: l’eterogeneo si orienta verso l’insieme, il frammento verso la frase melodica. Un Tutti dell’orchestra segnala il primo apice formale ed espressivo del pezzo e conduce alla seconda sezione; più breve della prima, essa ne ripercorre in maniera irregolare i momenti essenziali accentuando semmai il ruolo virtuoso del Violino che accompagnato da un “concertino” "sempre più esiguo alla fine rimane solo e cede il passo, di nuovo, alla forza del Tutti orchestrale.
Cosa ti proponi di consegnare di te al pubblico sulla scia del percorso compositivo realizzato fino ad oggi?
Oggi non ci può essere invenzione senza inventario; nessun ‘nuovo’ può essere creato senza rapporto con un inventario, cioè con una tradizione - anche personale - che ci permetta di ricominciare a parlare in una lingua che sia compresa non più soltanto dagli addetti ai lavori.
La parola passa ora a Francesco Bossaglia: come hai costruito l’interpretazione di questa composizione?
Affronto questa partitura partendo da zero: non avendo mai conosciuto prima la musica di Alessandro, essa diventa per me come un ritratto del suo autore oggi. E un percorso lo stiamo facendo insieme da due mesi dentro la partitura per affrontare e risolvere le problematiche tecniche dell'orchestrazione: si tratta infatti di una scrittura, densa, complessa, e difficilissima che, insieme, abbiamo limato e adattato alle peculiarità di un organico orchestrale.
E’ un lavoro delicato che deve rispettare e servire la volontà del compositore, ma allo stesso tempo deve trovare il modo migliore per passare il pensiero compositivo agli strumentisti dell'orchestra e, quindi, al pubblico.
Per questo, la prima esecuzione di martedì non potrà che essere come un neonato, che viene alla luce dopo un parto dai tempi obbligati e che, si spera, crescerà negli anni a venire, entrando nel repertorio e andando con le sue ali.
Una didascalia per l’ascolto?
Parlare di musica è sempre difficile, soprattutto nel caso di un lavoro come questo, fatto di materia molto astratta: un inventario sì, ma intenso, con grandi pieni saturi ed improvvisi momenti di vuoto, ed un finale drammatico in cui l’orchestra sembra scoppiare.
Penso che il brano abbia una sostanza poetica più potente di quello che il titolo lascia immaginare: sfogliando le pagine della partitura si vede la storia di un compositore, e forse di una generazione di compositori. E' interessante, per me che appartengo alla generazione seguente, capire come il mio percorso sia diverso, anche radicalmente, da chi mi ha preceduto, ma in un certo senso ne sia anche debitore.
Cosa ti proponi di comunicare con questa interpretazione all’ascoltatore?
Spero che agli ascoltatori arrivi la profondità di questa partitura e spero che sia io che l'orchestra riusciamo a partecipare in maniera forte e convincente alla creazione del suono che Alessandro ha immaginato.

Buon ascolto! Buona storia!

di Caterina Santi

-----------
Martedì 06 febbraio 2018, ore 20.30
Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, Largo Gustav Mahler, angolo C.so San Gottardo, Milano - Italia
Condividi su: